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Oggi ho deciso di fare un esperimento ed unire in unico articolo del blog due post che ho pubblicato negli scorsi giorni sui miei social media preferiti.

Perché lo faccio? Perché credo sia giunto il momento di spingere questo blog, che “babbiando babbiando” (traduzione dal siculo: “scherzando scherzando”) ad aprile ha fatto 6 anni, affinché diventi (ma si potrebbe dire “ritorni”) un luogo più di riflessione che di informazione attraverso i contenuti social che da molto tempo costituiscono ormai la maggior parte del mio piano editoriale.

Ma questo non significa non riproporli anche qui. Infatti non tutti quelli che leggono il mio blog mi seguono sui social (e viceversa).

Solo che da ora in avanti – se scruterò dati migliori – cercherò ogni tanto di riproporli andando “oltre” la solita rielaborazione unendoli e collegandoli tra loro.

Inoltre spero, per rendere merito soprattutto a chi mi ha dato più fiducia iscrivendosi alla newsletter, di riuscire anche a sfornare periodicamente un articolo “in esclusiva” per il blog. Non è una promessa (purtroppo per colpa/merito anche di questo blog ho preso un mare di nuove commesse che rendono il tempo da dedicare alla divulgazione sempre meno) ma ci provo!

A proposito di “collegamento” il primo trait d’union tra i social post che voglio riproporre è, come leggerai, la finzione. Buona lettura.

Il “19.99” di Ryanair

  • Gente che si lamenta ma che senza non viaggerebbe.
  • Vi adoro.
  • Siete i numeri uno!
  • Rendete milionario il vostro social media manager subito!

Questi sono alcuni dei commenti positivi arrivati sull’ultimo post di Ryanair in cui la nota compagnia aerea low-cost retwitta commentando con un ironico quanto elegante “19.99” il post con foto di una viaggiatrice corredata da un sarcastico “Quanto fa cagare Ryanair da uno a cento?”.

Ryanair ci ha abituati a queste trovate, spesso facendo social listening molto bene, con uno stile ironico e leggero che sembra essere sempre molto apprezzato dal suo pubblico. Da buon sparacazzi digitale me compreso.

Infatti il giorno stesso ho pensato che il post non solo fosse geniale ma che stesse anche veicolando un bel messaggio dimostrando di saper gestire in modo ironico attacchi e critiche, come bisognerebbe in effetti fare. Non è un caso che anch’io come altri professionisti della comunicazione ho condiviso quel post esaltandolo come “buon esempio di crisis management”.

Solo che per la serie “non è tutto oro ciò che luccica” mi sono accorto solo dopo (ma ringrazio Davide Puzzo per il suo sospetto che si è rivelato fondato) che qui la crisis management non c’entra.

Il post di Ryanair non ha nulla di spontaneo ma è “montato ad arte” e lo dimostra il fatto che del post originale (che esiste veramente, cosa che inizialmente mi aveva fatto credere ad un reposting spontaneo) ne esistono due versioni identiche su Twitter e Instagram caricate però – attenzione! – da due utenti diversi.

Ora ti dico che ne penso.

Non mi sembra che Ryanair in questo caso abbia fatto proprio un bel lavoro come potrebbe sembrare.

Per me il punto è che Ryanair si pregia di rispondere ad una critica in modo ironico ed elegante solo che esce fuori che la critica è FINTA. E se la critica è finta diventa finta anche la risposta di Ryanair.

Diventa tutto finto.

E se è finto smette di suscitare quella “empatia” inizialmente nata dal modo spontaneo ed elegante, ma purtroppo solo in apparenza, di rispondere alle critiche.

In breve succede che per chi scopre l’inganno come me la cosa diventa un flag negativo che condiziona la percezione del brand. Minacciando (seppur qui parzialmente: non si può parlare di epic fail), se questa consapevolezza si diffonde, la reputazione.

La “vera” storia di Marco Polo

Conosci la vera storia di Marco Polo?

Orbene non è quella che raccontano a scuola ma è diversa, solo che non cielodiconoh!

Il famoso esploratore, sì quello che fece una carovana lungo la via della seta, in realtà non si chiamava Marco ma Marca perché era una donna. Su Polo invece non ci sono dubbi. Tuttavia anche qui pochi sanno la verità censurata dalla cricca dei fan di aglio e cipolla: fu proprio lui, anzi lei, a inventare lo slogan originale, il noto “Polo, il buco col buyer intorno”!

Dovete anche sapere che con la sua barba folta che Conchita Wurst scansate proprio ed il suo stile da intellettuale sognante incontrò varie popolazioni e culture perdendosi spesso in divagazioni filosofiche. Ad esempio chiedeva sempre se le spezie esotiche che stava comprando fossero la risposta ai suoi problemi esistenziali o se il vero tesoro si nascondesse nel profondo dell’anima. Ed ogni volta si faceva circuire alla grande perché i Mastrota incontrati sul cammino col cavolo che dicevano no! E così le comprava senza pensarci due volte.

D’altronde lui, anzi lei, non puntava solo prodotti top ma teneva sempre che fossero “di marca” e cioè con una “buona reputazione“.

Il problema era che non poteva accertarsene perché i vari Amazon e Trust Pilot (per quanto “credibili” nelle recensioni, a proposito lo sono davvero?) sarebbero nati “solo” 700 anni dopo. E così finiva per farsi fregare.

Ma tanto il suo obiettivo era che il suo “il Milione” fosse un mix di finzione e realtà: tra i primi “fuffa storytelling” della storia!

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Spero questa storiella inventata dalle mie sapienti meningi ti abbia strappato un sorriso. Ovviamente non credere a nulla.

Ma poi ma quale fimmina, masculo era! (cit. patriarcale, sob).

Tuttavia una cosa vera c’è: l’espressione “di marca”.

Ecco non so voi ma per me quello non è proprio un complimento. Da dizionario “di marca” fa capo ad un’azienda famosa e qualificata, ma di per sé non contiene la prova che sia così. Cioè potrebbe esserlo solo perché brava a farlo credere.

Quando invece parliamo di “brand” parliamo solo di qualcosa che controlliamo direttamente.

Diversamente non è branding ma comunicazione e l’azienda che lo fa al massimo è una marca.

Questo è uno dei motivi per cui brand e marca, sebbene molto simili, sono spesso confusi. Ma non sono la stessa cosa.

Chissà che ne penserebbe quel boccalone di Polo!

Question time (di gruppo)

Come avrai letto ho parlato di “finzione” in due situazioni diverse.

Nel primo caso la finzione di un’azienda globale che facendo un lavoro apparentemente “da manuale” non tiene però conto del fatto che non tutti i suoi clienti guardano solo in superficie. C’è chi magari, come da me fatto, invece indagano e scoprono che la loro operazione suona come un alzarsi e schiacciare la palla da soli, volendo fare un accostamento pallavolistico.

Occhio: non parliamo di un epic fail ma la mia riflessione, secondo me e secondo i colleghi che su Linkedin l’hanno appoggiata, ci sta tutta.

Ovvero, cara Ryanair (tienilo presente magari per la prossima volta), perché non un post su un commento reale?

Di critiche vere alla nota compagnia aerea ce ne sono a bizzeffe. Ecco, rispondere in pubblico ad una critica vera con altrettanta intelligenza avrebbe dato al post una connotazione davvero autentica e genuina. Sarebbe stato un 10 e lode ed invece il tutto, a mio modesto avviso, raggiunge appena la sufficienza. Peccato!

Nel secondo caso la funzione è volutamente mia.

Ho voluto scherzare sulla storia di un personaggio storico famoso giocando col suo nome per ricordare una differenza spesso non tenuta in considerazione che eppure ha la sua piccola importanza. Non mi dilungherò, ché tanto hai letto, spero. Anche in questo caso ti lascio la versione Linkedin ché magari ti scappa un commento.

Ora però chiedo a te.

Cosa ne pensi? Ti va di dirmelo? Puoi farlo unendoti alle versioni social dei due post che ho linkato prima oppure scrivendomi una mail da questa pagina (o rispondendo alla newsletter).

Mi piacerebbe molto confrontarmi sul concetto di finzione per chi fa branding. E, perché no, anche sulla differenza tra brand e marca. A cui personalmente non dò troppa importanza (molto tempo fa addirittura sono stato intervistato anche su questo tema ed ho detto proprio così) ma che ne ha comunque perché attraverso questa differenza è possibile comprendere meglio il significato di marca.

E soprattutto di brand.

 


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
Che ne pensi del mio articolo? La tua comunicazione aziendale o personale ha bisogno di una mano? CONTATTAMI ORA! :)