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Ti sarà capitato fino a qualche anno fa di sentire una voce provenire da fuori casa urlare:

Donne, è arrivato l’arrotino! Arrota forbici, coltelli, ripara cucine a ‘gasse’…

Avrai capito che sto parlando del megafono di un lavoro antico – anzi, lo definirei “mitologico” – che per anni ha aiutato a mantenere la cucina in buono stato.

Intanto devi sapere, qualora pensassi che l’arrotino sia andato in pensione, che dalle mie parti (probabilmente lo sai già ma meglio ribadirlo: sono siculo!) non c’è andato affatto: quel megafono ogni tanto si sente ancora.

Già, da non crederci, ma c’è chi, in un mondo dove imperano le professioni digitali, ancora fa questo lavoro.

Ma la cosa più incredibile non è questa quanto il fatto che la traccia audio usata da questo “personaggio” che personalmente non ho mai visto mai in volto ma sentito sempre benissimo, sia rimasta la stessa!

Il problema è che ogni volta che sento quel vociare provenire dalle strade attinenti al mio ufficio, mi viene un nodo in gola: già perché quel “donne!” sa tanto di arcaico e svilente del ruolo della donna.

Mi ricorda un passato purtroppo non affatto passato in cui “donna” e “casalinga” vengono intesi come sinonimi! Sob!

I numeri gli danno ragione ma…

Eppure quel “donne!” sembra definire fortemente il target di chi regge quel megafono: se ancora nel 2023 c’è chi lo usa è perché probabilmente funziona.

In effetti, da una ricerca di mercato spicciola, qui in Sicilia le donne con un reddito da lavoro, malgrado qualcosa si sia mosso in positivo, sono solo il 37,2% (qui la fonte).

Quindi il target a cui quel messaggio decisamente poco inclusivo è rivolto “tecnicamente” non è sbagliato.

Peccato sia sbagliato il messaggio.

Già, perché per qualche vendita in più (per la serie “meglio l’uovo oggi che la gallina domani”, ricordiamoci che comunicare in modo inclusivo è una strategia sempre a lungo termine) si lancia al mondo un messaggio tristemente stereotipale.

Per questo, visto che le parole hanno sempre un impatto sulla psiche umana, è un messaggio appunto sbagliato.

Guardare solo i dati è sbagliato

Ecco, credo che questa storia contribuisca a spiegare perché ancora oggi si faccia così fatica a vedere le donne come persone piuttosto che casalinghe.

Oltre ad una questione culturale credo c’entri la persistenza di una comunicazione aziendale ancora molto diffusa (soprattutto in ambito locale ma anche globale) che purtroppo spesso mira solo ai risultati a breve termine, alle vendite veloci (seppur giustificate dai numeri) piuttosto che a quelli a lungo termine.

Obiettivi a lungo termine che probabilmente avrebbero un impatto negativo sulle vendite a breve termine, ma un impatto positivo sulla società e sui brand stessi se solo i brand decidessero di investire sul futuro collettivo (inclusi loro stessi).

Lo spiego meglio perché questo è un passaggio cruciale che potrebbe essere frainteso: in sostanza mi sembra che questa storia ricalchi perfettamente la “teoria” di Simon Sinek, esposta nel suo ultimo libro “Il gioco infinito”, secondo cui molte aziende preferiscano sbattersene di valori e scopo puntando alla vendita diretta guidate solo dai numeri, salvo però perdere nel tempo quote di mercato per la crescente sensibilità del pubblico per i temi dell’inclusività.

Con la conseguenza che se da un lato i brand traggono vantaggio d’immagine ed economico dalla comunicazione inclusiva a lungo termine (facendo bene anche al mondo), dall’altro stentano a vendere i propri prodotti o servizi nelle prime fasi del lancio della sua strategia di marketing.

Una teoria, quella di Sinek, non di certo campata in aria ma suffragata da numerosi casi di aziende che, curando la comunicazione inclusiva, sono risultati meno efficaci nelle vendite nel primo stadio, salvo poi alla lunga, una volta riconosciuti i valori del brand da parte del pubblico, rifarsi alla grande.

Sinek chiama questo modo di pensare ed agire “mentalità infinita” contrapponendola a chi, agendo solo guardando ai numeri, pensa ed agisce secondo una “mentalità finita”.

Concludendo

Spesso amo concludere i miei post con un consiglio o un parere, ma questa volta eviterò anche per non rischiare che venga frainteso come “mansplaining”.

Ma essendo il momento in cui scrivo questo articolo l’8 marzo (se stai leggendo la mia newsletter dopo ma non fa nulla: il messaggio deve valere sempre, non solo nel giorno della giornata internazionale della donna!) voglio approfittarne per dire che in quel megafono una cosa vorrei urlarla eccome:

W le donne (ma in realtà chiunque) che non si fanno “arrotare”!

Ed aggiungo anche: W quei brand, ancora pochi ma buonissimi, che scegliendo di seguire, comunicare e praticare il loro “perché” secondo una “mentalità infinita” sacrificano qualche vendita oggi, contribuendo però ad ottenere un po’ di giustizia sociale, e sicuramente un ottimo fatturato, domani.

Come sempre, se ti fa piacere, fammi sapere cosa ne pensi. Puoi farlo qui o rispondendo alla mia newsletter.

(foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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