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Non si può negare che nel nostro Paese esista una diffidenza di fondo per chi insegna.

E se ciò è palesemente vero per i professori scolastici, stando a quanto raccontano le cronache con genitori sempre meno inclini a capire le esigenze degli insegnanti e sempre più inclini a difendere i figli “per partito preso”, forse questo andazzo é ancor più vero – anche se se ne parla poco – per chi (come me) insegna professionalmente e, a volte, anche gratuitamente.

Includendo in questa “categoria” chi fa divulgazione con contenuti gratuiti (come ad esempio questo che stai leggendo sul mio blog) o sui social.

L’impressione insomma, almeno quella che avverto ancora nonostante l’Istat dica che negli ultimi cinque anni il mondo della formazione aziendale sia cresciuto di quasi il 9%, é che ancora ben pochi apprezzino chi “insegna”, ed anche chi lo fa sul web dedicando anche parecchio tempo giornalmente nella creazione e divulgazione di contenuti gratuiti.

(la versione Linkedin “semplificata” e commentabile di questo articolo la trovi qui)

 

I possibili motivi

Provo ad elencare qui alcuni possibili motivi per cui ciò accade:

  • La percezione “Cialdiniana” per cui ciò che è gratuito é abbondante ergo di scarsa qualità.
  • La percezione per cui nulla è davvero gratuito, perché “sotto sotto” deve esserci per forza un interesse o una fregatura.
  • L’idea che chi insegna non é capace, che è uno che parla, non uno che fa (in senso chiaramente dispregiativo).
  • L’idea per cui i consigli di business non siano validi perché se lo fossero chi li dà li applicherebbe a se stesso, mica li “rivelerebbe”.

In generale credo si respiri ancora un’aria nel mondo della formazione, inclusa quella professionale, soggetta a parecchia ignoranza ed a non pochi pregiudizi in cui i formatori – con l’eccezione offline di pochi contesti “virtuosi” ed online alle ricerche Google mirate ed all’uso di Linkedin (l’unico social in cui lo sforzo divulgativo in ambito professionale sembra maggiormente apprezzato e riconosciuto) spesso non vengono presi molto sul serio.

E credo anche che si avverta un enorme gap tra la formazione nelle grandi aziende e quella per le partite iva italiane che, ricordiamoci, anche se scese di numero sono pur sempre più di mezzo milione.

E mi chiedo se ciò non sia anche la conseguenza dell’idea parecchio antiquata per cui la formazione stessa non sia qualcosa di serio. Di un ambiente, quello italiano, che vede la formazione professionale come un “dovere imposto da espletare” o un “optional per intellettuali”, qualcosa da relegare solo ai secchioni ed a chi (ma questo può avere in parte un fondo di verità) ha i fondi per potersela permettere. Per chi ha i soldi per investire nel proprio futuro ed in quello dei propri dipendenti/collaboratori.

E così capita di ritrovarsi (a me, da docente privato di web-marketing, che fa corsi in presenza anche al Sud é capitato) davanti a classi “anche ben paganti” ma svogliate, che malgrado una leadership aziendale comunque sensibile all’importanza di formare il proprio team, sembrano vedere l’insegnamento come un’incombenza piuttosto che un’opportunità.

Rendendo così il raggiungimento degli obiettivi formativi sicuramente più difficile e meno piacevole di come in realtà potrebbe essere solo se il mindset generale fosse diverso.

Insomma la mia impressione è un po’ come se il vecchio detto popolare, che ancora talvolta si sente dire, “chi sa fa, chi non sa insegna” fosse radicato nella mente (e nelle azioni) di molti lavoratori italiani.

Forse – altra domanda provocatoria, ma fino ad un certo punto – perché gli anni scolastici hanno lasciato loro un brutto ricordo?

Dimmi che ne pensi

Quale è il tuo “sentore” riguardo all’importanza della formazione nel tuo ambito lavorativo?

Avverti che esista un’esigenza di imparare, di aggiornarsi, di adeguarsi alla realtà odierna, fortemente orientata alla tecnologia e all’innovazione, o no? E se è così, secondo te, per quale motivo la formazione non è in cima alle priorità di chi dovrebbe?

Perché non ci sono abbastanza fondi o credi c’entri anche, come suggerisco nel mio post, una mentalità ancora troppo poco orientata al cambiamento?

Se ti va di condividere con me le tue impressioni ed esperienze, scrivimi pure qui o rispondi alla mia newsletter, ché ti rispondo con estremo piacere.

(foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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