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C’è una frase spesso usata come intercalare, a mo’ di saluto, che ha in realtà un significato molto importante che, a mio parere, merita un approfondimento.

Sto parlando di “come stai?”, tipica espressione che usiamo (ammetto di farlo anch’io a volte) insieme a “ciao/salve” o “buongiorno/buonasera” per abitudine, cioè senza che ci sia una vera e sincera volontà di sapere come stia DAVVERO l’interlocutore.

E così accade nella stragrande maggioranza dei casi che questo interlocutore, che “avverte” che la domanda non è “sentita” (lo fa inconsciamente, in modo del tutto automatico), risponda con un freddo “tutto bene”. Anche se magari in realtà avrebbe detto “di merda”.

Ecco, credo che sia uno dei più grandi “sprechi” che si possano fare quando si comunica.

Un’occasione sprecata

Sprecata perché intanto rientra nei casi in cui, e credo che i linguisti saranno d’accordo con me, quando una parola viene abusata perde quasi di significato.

Ci sono un sacco di casi simili in cui parole o espressioni “usate troppo” diventano parole inutili. Pensa a “politically correct”, un’espressione che ha un significato nobilissimo (che ho spiegato più volte sul mio blog, ad esempio ad esempio qui) che però, ficcata dentro ormai ovunque, è quasi diventata fastidiosa.

“Come stai?” non è mai fastidiosa, ma di certo a volte passa davvero in disparte, diventando di fatto solo un convenevole, un modo per dimostrare buona educazione.

Beh, credo che sia un gran peccato, perché al contrario un “come stai?” davvero “sentito” (e se si vuole si riesce a farlo “sentire”, ad esempio col tono di voce e chiaramente nel contesto e tempo giusto, fatto salvo che la relazione deve prestarsi), può dare il là ad una relazione più vera, autentica, sincera, umana, empatica. Aiuta ad aprirsi.

E, nel business, produttiva.

“Come stai” non si riferisce infatti per forza alla salute ma si presta bene anche tra imprenditori: un “come stai?” ben detto (anche sui social, tipicamente in chat) può significare “come sta DAVVERO la tua attività?”.

Tradotto: “Hai bisogno di una mano? Posso aiutarti? Ne sarei felice”.

Personalmente sto cercando in tutti i modi di evitare questa domanda (ovviamente includendo tutti i vari sinonimi/intercalari che hanno lo stesso significato tipo “tutto bene?”, “tutto apposto”, ecc…) se non sono davvero disponibile all’ascolto, optando per un semplice saluto. E poi chiedere “come stai?”, una domanda preziosa, in un secondo momento e se lo ritengo opportuno.

Spero di riuscirci. E tu?

Se ti va di condividere con me il tuo “come stai?”, raccontandomi se e quando lo usi come saluto oppure come “scusa perfetta” per ascoltare davvero gli altri, sarei felice di… ascoltarti!

(foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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