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A chi in queste ore sta scrivendo sui social che la parola portoghese “neguinho” non sarebbe offensiva e che la polemica Piquet-Hamilton (durante un’intervista il primo ha rivolto quel termine al secondo) che sta montando sui social sarebbe la solita “dittatura del politicamente corretto”, faccio notare quanto riportato in questo “dizionario di slang”:
Dal mio Instagram: https://www.instagram.com/p/CfbMZmwqqqQ/
Il link alla definizione è invece questo: https://www.urbandictionary.com/define.php?term=Neguinho
Come puoi notare, riferendosi al fatto che la parola in questione sia o no offensiva, si legge “sometimes it can be” (a volte può esserlo).
E già. Neguinho in teoria non è offensiva, ma in pratica lo è.
Come qualcuno avrà già intuito stiamo parlando del tanto sottovalutato “contesto” in comunicazione. Un aspetto che per molti sembra secondario, e che per questo spesso dimenticano o sottovalutano, e che invece, anche in questo caso, è fondamentale perché spiega tutto.
Che cos’è il “contesto” (con un esempio)
Se non hai ben chiaro quanto il contesto possa condizionare radicalmente la nostra comunicazione ti faccio un esempio facile facile:
Forse non c’hai mai pensato ma se un tizio di colore dicesse la “N word” ad un altro tizio di colore, la cosa sarebbe immune da offesa al 100%. Che tra l’altro quel modo di comunicare non è per nulla ipotetico: la pratica di scambiarsi simpaticamente la “N word” tra persone di colore è molto diffusa, ma questo accade anche per altre categorie.
Ad esempio tra gli omosessuali darsi bellamente del “F word” senza alcun rischio che qualcuno ci resti male è un fatto acclarato.
Ma che succede se a dirlo è un bianco?
Anche se in Brasile “neguinho”, come comunque confermato dal citato dizionario slang, sembra tollerato tra bianchi e neri e viceversa, non significa che debba essere tollerato in tutto il mondo, proprio perché il contesto in cui Piquet l’ha detto non è locale e rivolto ad un altro brasiliano, ma è un contesto globale in cui si è rivolto ad un non brasiliano (Hamilton è britannico).
Insomma, parliamo, oltre che di chi si dimostra incapace di chiedere scusa e fare ammenda dell’errore, dell’ennesima pessima figura di chi crede che bastino “le buone intenzioni” per non offendere, quando invece ciò che conta davvero è il significato delle parole, la relazione e, appunto, il contesto.
Parlarne è importante
Però questa almeno è anche l’ennesima occasione per riflettere sull’importanza della tanto bistratrata comunicazione inclusiva.
Una “cosa” su cui spesso, da quanto si legge in molti commenti social, si punta il dito con fare da bulli ma che, in realtà, ha molto a che fare con il rispetto dei diritti umani. Di tutti, eh! No, non solo delle minoranze.
E, si spera, anche per riflettere sull’estrema importanza del contesto in comunicazione.
Che ne pensi?
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