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La vita è bella ma dura. La vita è dura ma bella.

Questo che hai letto è un esercizio che sottopongo a volte ai miei allievi per comprendere in modo semplice l’importanza della comunicazione, in particolare di concentrarci sulle emozioni che “inneschiamo” nel pubblico quando comunichiamo.

Se ci pensiamo quelle due brevi frasi sono equivalenti nella sostanza perché esprimono lo stesso concetto. Tuttavia l’ordine con cui i pro e contro della vita appaiono costruisce il mood, ovvero lo stato d’animo di chi riceve il messaggio, influenzandone percezione e significato. Che nel primo caso sarà negativo, nel secondo positivo.

Facciamo una veloce analisi di neuromarketing, branca che di recente sto studiando e che amo citare per spiegare “con approccio scientifico” alcuni dei miei post.

Mentre il contenuto stimola la corteccia frontale del cervello, ovvero la parte esterna razionale, la forma (con quel MA che rimarca la differenza tra concetti opposti) stimola la parte più interna sensibile alle emozioni. Quest’ultima, attenzione, non gestisce il linguaggio (non lo comprende né è in grado di produrlo) ma agisce a livello inconscio ed inconsapevole.

La cosa interessante ed ancora poco nota è che, data anche la sua vicinanza con la sede della memoria a lungo termine, sono soprattutto “le emozioni provate” quando recepiamo un messaggio piuttosto che i concetti che stimolano la razionalità a “creare la percezione” del contenuto e del creator. D’altronde non è un segreto che la comunicazione è tanto più efficace quanto più è in grado di stimolare emozioni volute.

Metto le mani avanti a scanso di equivoci: ciò non significa che il contenuto non sia importante, anzi lo è eccome!

Ma curare la forma, anche a costo di allungarla sembrando ripetitivi, è un ottimo modo per ridurre il rischio che il messaggio venga frainteso.

Pensaci: è bastato semplicemente invertire di ordine due concetti per far cambiare il senso del messaggio, pensa allora quanto può essere facile convincersi di star dicendo qualcosa mentre magari si sta dicendo altro. Ma per fortuna possiamo fare un check delle emozioni.

Forse mi dirai “aspetta Leo, ma dipende comunque dal contesto!”.

Certo, sicuramente il contesto aiuta a ridurre questo rischio, tuttavia quasi mai è sufficiente ad evitarlo soprattutto quando sui social esprimiamo pubblicamente “concetti telegrafici” spinti dagli algoritmi che li premiano, mostrandoci a gente che non ci conoscono o non ci conoscono abbastanza per fraintenderci.

Consiglio esteso a tutti (anche a me stesso!)

Prima di postare qualsiasi cosa chiediamoci sempre quale emozione innescheremo e premiamo “invia” solo se è la stessa che stiamo provando.

Altrimenti miglioriamo il messaggio, ché ne andrà di una cosa importantissima che è il cuore stesso del personal branding: il modo in cui, non solo i nostri contenuti, ma anche noi stessi saremo percepiti.

(foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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