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Credo che la parola “outsider” sia davvero interessante: rappresenta infatti tutta una serie di concetti e di valori alla base del fare bene personal branding.

L’Oxford Dictionary lo descrive nel linguaggio sportivo (ma per estensione non solo) come chi non è considerato tra i probabili vincitori di una gara, mentre nel linguaggio economico come quell’impresa che resta fuori da un “consorzio o cartello” costituito tra imprese affini.

Ma non serve il dizionario per capirne il significato: componendosi di “out” e “sider”, outsider è chi è fuori dal giro, dall’altro lato, il “diverso” che non si omologa alla massa. Pagandone le conseguenze (leggasi poco successo) almeno nella prima parte della sua carriera.

Un outsider famoso è stato senza dubbio Steve Jobs che all’inizio ha faticato non poco a far comprendere ed accettare il suo scopo sociale impersonato dal claim “think different” fino a renderlo e farlo apprezzare nel mondo come cuore pulsante della comunicazione di Apple.

O anche Jeff Bezos, founder di Amazon, uno che all’inizio della carriera ha preso parecchie porte in faccia al punto da dover fare all-in con i risparmi dei genitori.

Certo, non tutti gli outsider sono destinati al successo. L’outsider non è solo chi fa tanta gavetta ma chi ha coraggio da vendere nel portare avanti, comunicandola pedissequamente, la propria visione del mondo, il famoso “perché” da cui Simon Sinek suggerisce di partire.

L’outsider non è chi sta totalmente fuori dalla zona di comfort ma chi sta al limite della stessa, come in bilico tra ciò che la gente vuole oggi e ciò che vorrà domani.

L’outsider è un visionario dai piedi piantati per terra perché intuisce dove sta andando il futuro con approccio mente-cuore senza vivere male il suo essere impopolare.

L’outsider è chi rischia sapendo di rischiare giocando una “partita infinita” (altro riferimento al lavoro di Sinek, se non hai afferrato leggi questo libro) in cui la fortuna sta quasi a zero.

Ecco perché io adoro gli outsider e provo nel mio piccolo di somigliare a loro.

Adoro quelli che credono responsabilmente (non accecati dall’ego) in loro stessi.

Ed adoro quelli che oggi non si preoccupano dello scarso consenso perché, facendosi guidare da un “perché etico” che li porta a preoccuparsi prima dei bisogni degli altri che di loro stessi, sanno che la strada che stanno attraversando è quella giusta.

E tu che ne pensi degli outsider?

Me lo racconti da questo modulo?

Mi piacerebbe molto confrontarmi con te su questo “modello imprenditoriale e di vita”, sull’importanza di lavorare per raggiungere obiettivi a lungo termine piuttosto che breve senza lasciarsi influenzare dal consenso evanescente, tipicamente quello fatto dai like sui social che danno un appagamento solo momentaneo rivelandosi però spesso poco utili.

(foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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