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Il filosofo inglese Alan Watts nella sua “Coincidenza degli Opposti” ha scritto una cosa interessante paragonando la vita ad un brano musicale o ad una danza.
Dice che non solo la nostra vita ma anche lo stesso Universo funziona come musica perché un brano esiste perché chi lo ascolta lo fa senza uno scopo, solo per il piacere di farlo. Anzi aggiunge addirittura che anche l’Universo non ha uno scopo, parlando di “giocosità dell’Universo e della vita“.
La vita per lui è un gioco perché non si gioca per un fine ma per godere del gioco stesso. Watts dice che non si danza per fare il casque finale ma per goderne per intero perché lo scopo della danza non è altro che danzare. Se lo scopo di un brano fosse infatti ascoltarne la fine, Watts dice che il migliore compositore sarebbe chi scrive brani brevissimi in modo che la fine arrivi subito. Eppure la storia della musica insegna che spesso i migliori brani sono lunghissimi invece.
Scopo: sì o no?
Queste riflessioni e paragoni che reputo affascinanti mi hanno fatto riflettere.
Come avrai notato mi piace spesso parlare proprio di scopo, da marketer ovviamente in ambito lavorativo, in particolare del “perché” approfondito da Simon Sinek. Studi che condivido molto perché lo mette in pole position, prima ancora del “cosa” e del “come”, in ottica comunicazione personale e personal branding.
Sinek dice che conoscere e perseguire il proprio perché è ciò che più di tutto dà appagamento umano oltre che professionale, per realizzarsi e sentirsi realizzati.
Ecco, penso che Watts e Sinek, anche se in modo diverso, dicano cose simili.
Certo, Watts dice che non si deve per forza avere uno scopo e che la vita è un viaggio in quanto tale non in quanto muoversi verso qualcosa. Dice anche che la società spesso ci spinge a camminare verso destinazioni che appena raggiunte ci fanno sentire delusi.
Io però credo che lo scopo inteso da Watts sia diverso, che in realtà (anche a conferma della teoria di coincidenza degli opposti da lui sostenuta) voglia suggerire di avercelo comunque uno scopo, purché sociale. Attenzione, non un obiettivo, ma un modus operandi.
D’altronde una canzone non avrà “lo scopo del finale” ma perché sia gradita deve comunicare e trasmettere emozioni. E come può farlo senza uno scopo?
Che ne pensi?
Anche questa volta ti passo la palla sperando che possa stimolare anche a te una riflessione. Cosa ne pensi? Lasciami un messaggio rispondendo alla mia newsletter oppure scrivimi pure da questa pagina.