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Giorni fa ho raccontato sui miei social (qui su Linkedin) 10 frasi famose di altrettanti imprenditori, consulenti, formatori e motivatori in ambito business e che riguardano il mio amato personal branding. Oggi ho deciso di riproporle questa volta con l’aggiunta di un commento/spiegazione che, spero, renderà questo articolo più interessante ed ispirante.

In effetti, commenti a parte, le frasi che tra poco leggerai sono davvero illuminanti, credo in grado di far riflettere molto sul ruolo e significato di questa branca del branding così importante ma purtroppo ancora trascurata dalla maggior parte delle partite iva italiane.

Eccole qui. E buona lettura! 

Personal branding è ciò che la gente dice di te quando lasci la stanza. Jeff Bezos

La famosa definizione (probabilmente la più famosa) di personal branding attribuita al fondatore di Amazon in realtà non parla esattamente di personal branding ma richiama un concetto fortemente collegato al personal branding: la reputazione.

Sebbene molti credano che personal branding e reputazione siano sinonimi in realtà esiste una sottile ma fondamentale differenza che voglio spiegare: il personal branding è un’attività sotto il controllo di chi lo fa mentre la reputazione è sotto il controllo del pubblico a cui è rivolto.

A differenza della reputazione, quindi, il personal branding riguarda proprio la capacità di influenzare le persone mentre la reputazione è il risultato, in termini di approvazione, dell’azione di personal branding.

Dunque Bezos con la sua famosa frase mischia un po’ le carte: in realtà la sua è la definizione di reputazione non di personal branding. Tuttavia il suo messaggio a mio parere rimane molto valido, veritiero e potente perché il personal branding, a differenza della conseguente reputazione, essendo una strategia, un approccio ed un metodo di lavoro, è una scelta individuale.

Jobs rimarca in pratica il ruolo di responsabilità: quella frase è un invito ad agire affinché la gente parli bene di te quando non sei più nella stanza.

Servono 20 anni per costruire una reputazione e 5 minuti per distruggerla. Warren Buffet

Il noto investitore ed impresario statunitense ci ricorda che la reputazione è preziosa ma che è anche molto fragile, cioè può rompersi molto facilmente.

In effetti è un paradosso ma influenzare la percezione di un brand personale (appunto la reputazione) in senso positivo richiede molto più tempo e sforzo che in senso negativo.

Basta un piccolo errore, una caduta di stile, una comunicazione non allineata (o ancora peggio valorialmente opposta) alla natura ed identità fino a quel momento espressa per perdere credibilità e conseguentemente rovinare (a volte irrimediabilmente) la propria reputazione.

Non puoi costruire una reputazione basandoti solo sulle tue azioni. Henry Ford

Adoro questa citazione del fondatore della nota casa automobilistica statunitense perché richiama l’importanza della comunicazione, ovvero della fase “operativa” del personal branding.

Le azioni, ciò che si fa, sono importantissime, certo, ma non bastano perché, e questo è davvero cruciale, occorre anche essere bravi a comunicarle.

Non è un caso che esistano talenti straordinari inespressi perché non hanno saputo o voluto esprimere il loro talento.

Invece di indignarci suggerisco di prendere le contromisure: chi viene chiamato “il migliore” non lo è davvero ma è “solo” chi ha saputo raccontare meglio gli obiettivi raggiunti.

In effetti chi non conosce qualcuno che è meno bravo di noi che però sembra, magari perché sta molto sui social a fare dirette o video in cui parla di ciò che fa, ottenere più successo?

Beh, credo un po’ tutti.

Tornando alla reputazione, come già detto, è la conseguenza proprio di questo racconto nella mente del pubblico e dipende dal modo in cui la comunicazione, non solo i fatti, impattano sulla vita delle persone.

Non ho mai voluto definirmi un guadagno letto bensì un insieme di valori. Howard Schultz

Il CEO di Starbucks ha saputo rendere la sua azienda nel food un business miliardario anche grazie al suo approccio da leader. Un leader, d’altronde, non è solo chi sa “tenere i conti in ordine” ma trasferire valori e carattere al suo brand, contribuendo al suo posizionamento efficace attraverso la comunicazione dello scopo. Non sorprende quindi che abbia dichiarato più volte di non vedersi come uomo dei numeri, piuttosto come “uomo dei valori”.

Come dargli torto?

D’altronde ciò che emoziona e ricorda il pubblico non è mai ciò che un’azienda fa, ma come lo fa sentire (semicit. Maya Angelou).

Sono i valori espressi dall’azienda i veri capisaldi della sua comunicazione.

Un buon prodotto è importante, certo, ma non è ciò che la gente ricorda davvero di un brand e che la spinge ad acquistare (la storia di Apple è trita e ritrita e te la risparmierò, ma quanto è vera?).

Ciò che la spinge ad acquistare è l’esperienza. E come suggeriscono gli studi del neurologo Donald Calne, solo in un secondo momento la gente torna perché ritiene il prodotto all’altezza.

Molte aziende sono poco credibili perché vogliono sembrare perfette. Richard Branson

Ma quant’è bella questa frase? Quant’è vera?

Qui il patron di Virgin, anche in questo caso multinazionale miliardaria, ci ricorda che una chiave importante della comunicazione efficace è la credibilità e che questa non passa dalla “perfezione” anzi spesso dal suo esatto opposto. Insomma Branson mette l’accento su un altro importante fattore da considerare nella costruzione e messa in pratica di un personal branding efficace che è l’autenticità. Ovvero la capacità di mostrarsi sinceri, schietti, veri, genuini.

Qualità, oggi che il pubblico ha sempre meno fiducia nelle istituzioni e nelle aziende istituzionalizzate, che è sempre più apprezzata. Anche se, è bene ricordarlo, fare personal branding non significa dare sfogo alla propria natura senza filtri. No, il personal branding è un filtro (ma non un personaggio). Se può interessarti approfondire questo concetto ne parlo meglio in questa pagina in uno dei miei video.

Crea un brand di te stesso non per il lavoro ma per la carriera che desideri. Dan Schawbel

Il noto autore Dan Schawbel qui accenna al significato di “brand di se stessi” ricordandoci che fare personal branding non riguarda il lavoro dei sogni ma la carriera dei sogni.

Forse dirai: aspetta, qual è la differenza?

Sì, sembrano sinonimi, ma non lo sono: il lavoro è propriamente infatti un’attività in cui per ricavarne un guadagno si vende il proprio tempo, cioè in pratica non ha tra gli obiettivi la creazione di valore ma semplicemente il sostentamento economico di chi lo pratica.

Va da sé che il concetto di lavoro non si leghi bene ai concetti di crescita, evoluzione, innovazione e progresso. Questo perché, come accennato in precedenza, il tempo è limitato e di conseguenza il lavoro che se ne basa non è scalabile.

In pratica non si può vendere più tempo di quello che si ha visto che è un’entità limitata per natura. A differenza del concetto di carriera che, invece, riguarda la vendita di valore.

Il valore che un imprenditore è virtualmente illimitato e la carriera è un modo per accrescerlo e venderlo virtualmente senza limiti.

Il tempo è limitato, perciò smettila di vivere la vita di qualcun altro. Steve Jobs

Del fattore tempo, del fatto che è preziosissimo perché limitato, ne abbiamo parlato abbastanza.

Certo, colpisce che un grande come il patron di Apple ne avesse parlato in uno dei suoi speech. Qui lo fa in modo molto semplice, richiamando al contempo il suo motto (ma anche, e soprattutto, lo scopo del suo personal branding e del brand da lui guidato) “think different”.

Quel claim richiama l’importanza della diversità, sia praticata che comunicata, del pensiero divergente, del guardare le cose con una visione “out of the box”, del mettersi possibilmente di traverso rispetto a quello che Jobs chiama “status quo”.

Ci dice che non è omologandoci (oltre che perdendo tempo in una vita che purtroppo, come ben sappiamo, ha una scadenza) che possiamo sperare di cambiare le cose, di cambiare il mondo. O, quantomeno, di costruirci un mondo che possa avvicinarci alla felicità.

Ciò che conta davvero non è sapere cosa la gente pensa di te ma perché. Chris Ducker

Questa frase dell'”imprenditore seriale” (come ama definirsi) Chris Ducker l’ho apprezzata forse più di tutte. Sarà perché parla del “perché”, che è un po’ il mio “cavallo di battaglia”, sarà che il perché è davvero importante e bisognerebbe fare personal branding partendo sempre da questo.

Fatto sta che forse andrebbe stampata ed appesa in ogni luogo di lavoro e farne tesoro il più possibile.

Ma non voglio appesantire l’articolo con un ulteriore “spiegone” (che, tra l’altro, ho già accennato in precedenza).

Se ti interessa molto il tema del “partite dal perché”, tema lanciato dal mio “mentore” Simon Sinek e che ho recentemente ripreso nei miei corsi e nelle mie consulenze, ti invito una volta terminata la lettura di questo articolo a seguirmi qui, se ti va.

Se piacerai verrai ascoltato ma se verrai creduto vorranno fare affari con te. Zig Ziglar

Anche questa è davvero una citazione grandiosa che accenna ai due step principali della customer journey: l’ascolto e la fiducia.

A volte si prende per scontato che quando comunichiamo, ad esempio sui social con un post, gli altri lo leggano. A parte che gli algoritmi (a meno che non si paghino Ads) lo mostrano solo ad una piccola parte della nostra potenziale audience, di questi solo pochi lo leggeranno, e questo perché non tutti hanno voglia e tempo di farlo.

In effetti il primo step dell’ascolto (la lettura di un post vi rientra) non è per nulla dovuto: l’ascolto è un gesto che gli altri fanno nei nostri confronti che ha un valore enorme, equivale di fatto a donare il proprio tempo e le proprie energie!

Non è da tutti, ed infatti perché ciò avvenga prima occorre farsi piacere, occorre cioè che si inneschi un contato empatico tra le parti e che le aspettative reciproche vengano mantenute alte. Ma questo è nulla: la fase successiva, quella che crea fiducia, è ancora più difficile.

Comunque una cosa possiamo affermarla con certezza: non esiste fiducia senza ascolto.

E no, non è possibile nel modo più assoluto bypassare la prima fase della customer journey.

Il branding è fondamentale: la verità è che siamo tutti CEO dell’azienda «Me inc.». Tom Peters

Concludo questa carrellata di frasi con una citazione non così “illuminante” in realtà, ma che racchiude una curiosità.

L’autore di questa frase, Tom Peters, è infatti il “papà del personal branding”, cioè colui che nel 1997 per primo usò questa espressione per indicare questa strategia ed approccio.

La sua citazione, almeno per questo, risulta interessante.

Siamo effettivamente delle “aziende ambulanti”, non lasciamoci quindi ingannare dalla nostra individualità ritenendola un motivo, o peggio ancora, una scusa per sottovalutare il personal branding e non farlo. O addirittura per sottovalutare noi stessi come “fulcro” della comunicazione della nostra comunicazione aziendale.

 

(qui invece la versione Instagram del mio post “10 citazioni sul personal branding che ti ispireranno”)

 

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Bene, ho scritto davvero tanto, ma ora tocca a te: “quale di queste citazioni/frasi è la tua preferita?”.

Inoltre ai più bravi chiedo: “c’è una definizione di personal branding tutta tua?”.

Io ne ho una che ho spiegato anche nel mio manuale (che trovi qui su Amazon anche in versione cartacea per pochi euro) “Personal Branding sui Social” e che sperando di non sembrare uno sborone metto anche qui:

Personal branding è come realizzare e migliorare nel tempo un’opera d’arte non astratta di se stessi. Leo Cascio

Già, secondo me fare personal branding è come creare una scultura, ad esempio il famoso David di Michelangelo.

Partendo da un blocco granitico che rappresenta la versione grezza di “noi stessi”, per me è quell’attività che consiste nel nascondere gli spigoli, quegli aspetti di noi che non sono utili o dannosi, valorizzando invece ciò che è utile e vantaggioso non solo per noi ma anche per chi fruirà di noi, godendo della nostra presenza potenzialmente come un’opera d’arte.

Un’opera d’arte però non astratta in quanto il messaggio che diamo di noi non deve essere fraintendibile o interpretabile, deve essere chiaro a tutti!

Ed è per questo che per fare bene personal branding dobbiamo conoscerci il meglio possibile.

Tuttavia non conoscerci benissimo non deve essere una scusa per non farlo mai, perché il personal branding è un viaggio di comunicazione ma anche di scoperta.

Un’attività che ci consente di svelarci al mondo ed anche a noi stessi, ottenendo in cambio una ritrovata fiducia nelle persone più affini che, simili a noi (soprattutto nello scopo oltre che negli interessi), ricambieranno la nostra fiducia.

(Foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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