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Quando giorni fa si è sparsa la voce (falsa, ne ho parlato anche in questo articolo) che Facebook stesse per chiudere in Europa, moltissime persone hanno scritto su Facebook stesso di essere contente, come se la cancellazione di quello che è il più grande social per numero di utenti al mondo fosse un fatto positivo.

Mi sono chiesto allora perché queste persone continuassero ad usare il social che denigrano, e mi sono dato una risposta: molte di queste persone non pensano davvero ciò che hanno scritto e che se Facebook chiudesse veramente non godrebbero affatto.

Già, credo che quelli che hanno commentato quella presunta notizia con un “finalmente!” l’abbiano fatto solo per pura e semplice “lamentite”. Oppure che l’abbiano fatto, e spesso questo si rifà al primo motivo, per il più tipico ed ancestrale dei motivi: attirare l’attenzione.

L’ultimo caso, tra l’altro, è un trucchetto che mi sono concesso anch’io quando ho postato il ritornello della canzoncina di Sanremo “ciao ciao” – attenzione, eh, che alla lamentite preferisco sempre la menta fresca su un buon tonno ai ferri! – salvo poi spiegare nei commenti cosa pensavo davvero della questione, e cioè la cosa che conta davvero quando si usano i social: la verità (in pratica ho debunkizzato la fake news) e ciò che pensavo sull’argomento.

Sì, lo so che suona un po’ come “quando sono figo io che l’ho fatto e gli altri no pappappero!” ma in effetti il problema vero sull’uso che fanno molti dei social è che molti lo considerino ancora come un gioco, cioè una volta sparata la battutina sarcastica non fanno nulla per spiegare ciò che pensano davvero, finendo così per fare un incompleto (pessimo?) uso dei social. E questo senza contare la percezione da “superficiali” che danno di loro e dei loro personal brand.

Tra lamentite e mancanza di coraggio

Di solito questo uso rientra nella già citata “lamentite”: quell’atteggiamento che spinge a lamentarsi sempre di qualcosa o qualcuno e che di sicuro non fa bene né alla psiche (alimenta un circolo vizioso fatto di pregiudizi da cui è difficile uscire) né alla reputazione (all’inizio sembrano “eroi della giusta causa” salvo poi risultare ammorbanti peggio della visione forzata de “La corazzata Potëmkin”).

Di “bastian contrari”, d’altronde, è purtroppo pieno il mondo.

Eppure credo che sia tutto sommato semplice evitare di cadere nella trappola del lamento fino a se stesso.

Credo infatti che basterebbe trovare il coraggio di dire ciò che si pensa davvero. Perché la battuta ironica su un argomento può sempre starci, ma è fine a se stessa se a questa non si fa seguire l’avverbio “seriamente”, un bel “:” ed un’esposizione veritiera.

Certo, è anche vero che molte persone stentano a capire ciò che leggono (analfabetismo funzionale: in Italia in base a questo studio ne siamo purtroppo pure “esperti”), figuriamoci scrivere frasi un po’ più elaborate di un rutto, ma personalmente mi rifiuto di pensare che sia questo il motivo.

Io credo invece che il problema riguardi la mancanza di coraggio, non di capacità. Credo che manchi, e questo può essere una conseguenza dell’educazione familiare ricevuta magari un po’ troppo “protettiva”, il coraggio di provarci anche a costo di sbagliare.

Credo che riguardi la volontà di correre il rischio, di coraggio di scegliere e di esporsi.

Penso che, a prescindere da cultura e quoziente intellettivo, non esistano persone che non abbiamo davvero nulla da dire.

D’altronde ad esempio chi continua ad usare Facebook, malgrado lo denigri con una battuta infame, avrà comunque qualcosa da dire di positivo su questo social altrimenti lo lascerebbe, non continuerebbe di certo a passarci il tempo. Potrebbe scriverlo, questo. Non serve una laurea o chissà quale scaltrezza per farlo. Ecco, forse servirebbe un po’ di onestà intellettuale, a dirla tutta.

Ma l’argomento di discussione non sono necessariamente i social né tantomeno Facebook.

Ogni argomento, anche apparentemente stupido, può essere un’occasione per esprimere i propri pensieri ed opinioni. Per esporsi anche in termini sociali. Ed a prescindere sempre da cultura ed intelligenza.

Io sono convinto che si possano fare discorsi intelligenti comunque e che la cultura non sia solo sinonimo di studio ma anche di esperienza diretta, persino di vita di strada.

Anche nel lavoro

Noto che spesso anche per chi usa i social per lavoro l’uso castrato dei social è molto diffuso. Lo noto anche da parte di imprenditori o professionisti con tanto di laurea.

L’esempio tipico è postare, tipicamente su Linkedin, la foto di un evento di networking a cui si è stati senza aggiungere neanche due righe che raccontino l’esperienza, che esprimano un parere sulla sua utilità, che diano “umanità” alla comunicazione. Ed essere “umani” non è prerogativa solo degli istruiti intelligenti, eh?

Umani lo siamo tutti in realtà, a patto di volere esprimere questa umanità, magari evitando di crederla “roba da femminucce”.

Per non parlare di quando si postano foto di prodotti presi da un catalogo o da un e-commerce con l’intenzione di solleticarne l’acquisto.

Spesso molti si limitano a accostarvi freddamente un nome ed una descrizione presi da un sito web, senza alcun “racconto” che spieghi la cosa in realtà più importante, soprattutto sui social, e cioè il motivo per cui quel prodotto può aiutare.

Eppure non servirebbe scrivere poemi, basterebbero poche, semplici righe ma ben scritte, per fare un’enorme differenza.

Basterebbe quantomeno provare a cacciar fuori ciò che si pensa ed emoziona di quel prodotto.

E tutto ciò si può fare senza essere degli assi del copy. Certo, la volontà non basta mai, ci vuole anche competenza, ed infatti sarebbe meglio farsi aiutare da chi col copy ci lavora. Ma bisogna pur provarci, almeno all’inizio. E sbagliare qualche punteggiatura può starci se lo si fa con l’intenzione di avviare un processo creativo positivo.

Scegliere di essere social

Insomma il punto è usare i social evitando di lasciare agli altri (tipicamente i tuoi competitor) il controllo.

Partendo dalla palestra giornaliera fatta di semplici commenti e post sulle bacheche degli amici per poi progredire nella gestione di pagine da migliaia di iscritti, occorre capire che usare i social equivale ad esporsi. Esporsi non è una possibilità, è esso stesso usare i social per essere social. Un po’ come votare (conosci il detto “non puoi lamentarti dei politici se non voti?) che solo apparentemente è una possibilità, ma è il concetto stesso di democrazia.

Fare un uso televisivo di un mezzo come il web che è, per definizione, multidimensionale, non è affatto usare i social.

Usare i social significa, anziché minacciare di spegnere o di cambiare canale, scegliere di aprire il proprio canale provando ad esprimere ciò che si ha da dire.

Perché tutti, ma proprio tutti, abbiamo qualcosa da dire.

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A proposito del “qualcosa da dire”: non dirmi che non hai qualcosa da dire su questo articolo! Qualsiasi parere o anche critica è sempre gradita. Spero di potermi confrontare con te sui social!


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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