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Questo che hai letto, che puoi leggere ad esempio anche nella mia descrizione Linkedin, è il “mio perché”. Quella motivazione/scopo fondamentale che mi porta ad andare al lavoro col sorriso ogni mattina.
Il mio perché è condividere con gli altri la mia esperienza di crescita personale e professionale, un viaggio ancora in corso che non è stato per nulla facile, facendo in modo che il mio storytelling risulti di ispirazione ed utile a più persone possibili.
Come avrai intuito il mio perché non riguarda me stesso e basta, ma anche le persone che mi stanno intorno, dando forma tra l’altro alla mia idea di brand (così come delle organizzazioni che fanno human marketing) secondo cui “ciò che conta non è realizzare un brand perfetto per l’azienda o per l’individuo ma per la sua community”.
In sostanza…
Il mio perché senza di te è irrealizzabile
Sì, tu che mi stai leggendo, sei davvero fondamentale per me!
Senza di te, non esisterei: fai parte anche tu del mio personal branding, contribuendo tra l’altro a realizzare il significato più vero della comunicazione (dal latino “communico”: mettere in comune). Daresti il tuo contributo a realizzare il concetto secondo cui fare personal branding NON è curare il proprio orticello, ma costruire insieme degli orti pubblici per poterne godere tutti, raccogliendone i frutti dopo un po’ di tempo.
Questo è in effetti tra i miei problemi più grandi al lavoro: quello di trovare persone disposte a instaurare un dialogo veramente aperto con un personal brand come il mio.
Molti chiamano questa cosa “lead generation”, ed in effetti lo è. Ma io preferisco chiamarla “ricerca di connessioni ed interazioni umane”.
Non a caso miro ad un coinvolgimento più profondo, ad un’apertura totale del mio pubblico che lo spinga a mettermi alla prova raccontandomi i problemi di comunicazione e marketing soprattutto in ambito personale.
Tempo e fiducia
Per farlo davvero serve fiducia, e questa richiede tempo, certo. E richiede soprattutto tanto lavoro perché la fiducia, non dimentichiamolo, bisogna meritarsela!
Nel personal branding, tipicamente, con un piano editoriale di valore in cui si dà tanto senza pretendere. Questo, anche per effetto della leva di reciprocità di Cialdini, porta a ricambiare fiducia, rendendola bilaterale come, nella sua forma più vera e genuina, dovrebbe essere.
Ma se le persone la dessero PRIMA questa fiducia? Correrebbero un rischio maggiore, tipicamente quello di venire delusi, certo. Ma potrebbe essere un rischio che vale la pena correre perché si proverebbe, ed in effetti proverei io stesso, a dare una possibile soluzione al mio interlocutore innescando un dialogo costruttivo ed aperto senza troppe perdite di tempo.
Sarebbe un modo per aiutarmi, ma anche ad aiutare senza ulteriori attese. Sarebbe un possibile win-win.
Perciò senza mezzi termini voglio chiederti:
Che problemi hai nel tuo personal branding?
Anche se non mi conosci ancora benissimo (potrebbe essere così, o addirittura per nulla se sei finito su questo articolo per caso), vuoi provare a fidarti di me e raccontarmeli?
Se mi aiuti a realizzare il mio perché, io aiuterò a realizzare il tuo.
Aiutami ad aiutarti. Cercherò di darti modo di “provarmi”. Sarà utile ad entrambi, promesso!
(Foto: Pexels)