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Molto probabilmente conosci la famosa “regola non scritta” del personal branding che definisce “calcio, religione e politica argomenti tabù di cui non bisogna assolutamente mai parlare”.

Se così non fosse ti consiglio la lettura di questo articolo di due anni fa in cui scrivevo che fosse certamente utile ma che allo stesso tempo si dovesse evitare di applicarla in modo troppo rigido per non rendere il proprio personal brand da bamboccioni perfezionisti. Per capirci un po’ “innaturale”.

Oggi, nell’anno “funesto” 2020 a questo trio sembra essersi aggiunto un quarto, ancor più famigerato tabù: il Covid-19.

In effetti se lo chiamo famigerato è perché sembrerebbe essere l’argomento “divisorio” per eccellenza, come rivelato da Google Trend, da quando si è iniziato a parlare su social e web con insistenza di pandemia.

L’argomento con la maggiore capacità di polarizzazione, ovvero di dividere la popolazione in “fazioni”.

Attenzione, però: con una grande differenza però rispetto ai classici tabù.

Mentre la natura opinabile degli argomenti calcio, politica e religione danneggia, attraverso i flame scaturiti, il solo canale e brand che li ospita, nel caso dell’argomento tabù Covid-19 il potenziale danno è ben più grave ed esteso.

Ecco perché… 

Il Covid-19 è diventato da subito il pretesto perfetto per i No-Vax, quella tribù tradizionalmente contraria alla medicina ufficiale e seguace di personaggi spesso banditi dall’ordine dei medici. Un pretesto, più in generale, per chiunque nutra una mentalità tendenzialmente antisistemica, complottistica e allo stesso tempo convinta espressione di un populista “punto di vista”.

Ed è proprio qui il problema: è come se il Covid-19, in particolare la sua pericolosità, fosse un argomento opinabile esattamente come gli altri argomenti tabù calcio, politica e religione.

Ed invece no: il Covid-19 non è opinabile per nulla! 

Per inciso parlare di Covid-19 sui social non ha affatto come unica conseguenza lo sgretolamento della reputazione di chi sui social sostiene direttamente o implicitamente che il Covid-19 sia grave come un’influenza o, nei casi peggiori, che non esista.

Parlare di Covid-19 in quel modo, incluso presentarlo come argomento “opinabile” (come se la sua pericolosità fosse valutabile a piacimento del singolo individuo) è un danno enorme che si fa anche agli altri!

D’altronde, come ripeto spesso nelle mie consulenze, la comunicazione non è solo un parente della pubblicità, non è cioè associabile alla sola sfera aziendale, ma è lo strumento chiave di espressione di ciascun individuo.

Ciò significa che qualsiasi cosa si dica, specialmente sui social che come è noto fanno da cassa di risonanza, ha un impatto enorme, nel caso dell’argomento Covid-19, anche “sulla salute pubblica”.

Insomma è pressoché secondario ed inefficace sottolineare, esprimendo una comunicazione di quel tipo, che “si deve indossare la mascherina perché ci viene imposto”. Si dovrebbe invece ribadire con forza, se proprio si vuol parlare di Covid-19, che la mascherina si deve mettere perché è giusto, perché il virus non solo esiste ma è ben più pericoloso di una semplice influenza, e ripetere a chi dovesse non convincersi che questo è un fatto scientificamente accertato.

È già! La pericolosità del Covid-19 non è un’opinione, ma è un fatto accertato dall’OMS, espressione della comunità medica internazionale, ergo in generale la più autorevole del “non democratico” pensiero scientifico.

A meno che tu non sia un terrapiattista o un suo cugino, d’altronde, circa la non opinabilità della Scienza non avrai dubbi.

Dunque perché mai rendere opinabile il fatto assolutamente inopinabile che il Covid-19 sia assai più pericoloso di una semplice influenza, magari balbettando dei numeri che hai sentito o letto da qualche fonte non accreditata ma di cui non hai comprensione visto che non sei un virilogo?

Perché instillare nel consumatore dei contenuti il dubbio che non si tratti poi di chissà quale male, con la conseguenza che questo verrà spinto (nonostante magari non ce ne sia l’intenzione) a non indossare la mascherina o a farlo svogliatamente e male perdendo parte dell’effetto protettivo che essa garantisce? E portarlo, nei casi peggiori, addirittura a non seguire affatto le direttive di sicurezza?

Concludendo…

Ecco, da questo discorso concluderai insieme a me che l’argomento Covid-19 sia assolutamente l’ennesimo tabù del Personal Branding, e che, a meno che tu non sia davvero competente in materia, dovresti evitare assolutamente di parlarne considerato l’alto rischio di imbatterti in populisti capaci di opinare l’inopinabile pur di alimentare (in modo consapevole o meno cambia poco) la cattiva informazione, rendendo di fatto la conversazione scaturita un pericolo non solo per la tua credibilità e reputazione, ma anche per la salute pubblica.

Lo so, non era difficile giungere a questa conclusione, eppure c’è chi, nonostante l’apparenza da esperto comunicatore, questo non lo ha affatto chiaro.

Ed è per questo che ho pensato di scriverlo, per metterti in guardia qualora non dovessi avere le spalle larghe come me, e nonostante questo articolo possa suonare un po’ banale.

Tuttavia attenzione, perché così come possono esserci eccezioni per calcio, religione e politica, la mia opinione è che possono esserci eccezioni anche in questo caso (ribadisco che si può opinare quasi su tutto, ma NON su fatti scientifici).

Quando?

Quando una persona a cui tieni e con cui condividi contatti comuni commette l’errore di affrontarlo, e pure in modo errato, dando credito ad esempio a fakenews o minimizzando la gravità della pandemia, ritieniti libero di intervenire, affrontando questo argomento spinoso anche sui tuoi canali.

Insomma esprimi pure il tuo contraddittorio a chi può essersi sorbito quella comunicazione errata.

Esatto. Non voltarti dall’altra parte, ma prendi pure una posizione netta su questo tema!

Perché non si tratta solo di tentare di far ravvedere l’amico e di ben informare i contatti comuni, ma di qualcosa di molto più importante: si tratta della salute di tutti noi cittadini.


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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