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La scelta di dare “del tu” o “del lei” nello stile di linguaggio, sia nelle comunicazioni per iscritto che nel parlato, è sicuramente quella che più di tutte, certe volte, mi lascia ancora un po’ indeciso. Ammetto che non è ancora una scelta facile.

Tuttavia, nel corso della mia attività quasi ventennale e dopo migliaia di mail ricevute ed inviate e di persone che mi hanno contattato o che ho contattato, ritengo di poter dare una mia valutazione ed alcuni consigli sull’argomento che magari risulteranno utili ad alcuni. Ma andiamo con ordine e ripercorriamo un po’ il significato del “tu” e del “lei”.

Stando a quanto disse lo scrittore Umberto Eco in una delle sue ultime uscite pubbliche prima di lasciarci, l’evidente perdita di abitudine nell’uso del “lei” con conseguente affermazione del “tu” nella maggior parte dei casi ed in modo del tutto indiscriminato, non è sempre un fatto positivo, anzi. E questo perché tende a far dimenticare le nostre origini storiche e culturali.

Questa non è solo una questione di “rispetto” tra persone, ma anche di rispetto per la tradizione e per la lingua italiana. Prese ad esempio il caso in cui una volta una giovanissima cameriera gli diede subito del tu. Proprio a lui, anziano ultraottantenne e con la barba bianca, senza considerare che si trattasse di uno dei maggiori scrittori italiani, particolare che pare non sia stato notato dall’interlocutrice. La recente “deriva” della lingua italiana, di cui l’uso maldestro del “tu” è solo uno dei sintomi del suo malessere, lo colpì al punto che dovette subito correggerla usando, di contro, un “del lei” dal tono ottocentesco. La ragazza, alla fine, lo salutò dandogli pure “del lei” e con un cordiale “buongiorno” (che probabilmente avrebbe spontaneamente sostituito con un più giovanile “ciao”), a conferma che forse si è ancora in tempo per correggere, specialmente i giovanissimi, al corretto linguaggio.

Sono abbastanza d’accordo con Eco.

In effetti l’uso massiccio ed universale del “tu”, non è sempre un bel sentire. Anche perché è vero che il “tu” è molto democratico (anche se il valore del “rispetto” in effetti è basato su tutt’altro, non meramente dal linguaggio), contribuendo ad abbattere le barriere sociali e facendo percepire gli interlocutori allo stesso livello, ma è anche vero che il suo abuso può diventare l’anticamera di una violenza verbale, o in generale, del non rispetto vero e proprio.

Usare il “tu” è positivo, quindi, in determinati casi, ad esempio a prescindere dalle differenze culturali, nel caso del consolidamento di un’amicizia, o di un rapporto di lavoro. Farei quindi alcuni esempi di casi in cui, anche nella comunicazione aziendale, l’uso del “tu” è da evitare. Così come esistono casi in cui è assolutamente preferibile usarlo.

Nelle comunicazioni di massa

Nella comunicazione del tipo “uno a molti”, cioè sui giornali cartacei o online, sui siti web, nella comunicazione pubblicitaria, nelle newsletter, nel linguaggio televisivo e radiofonico, nel video marketing ecc. insomma nella comunicazione di massa, l’uso del tu è decisamente preferibile. Anzi possiamo dire che debba considerarsi una regola. Anche sul blog che stai leggendo, ti do del tu, perché appunto, non trattandosi di una comunicazione privata ma pubblica, e quindi in cui non vi è modo di distinguere in generale le caratteristiche individuali del lettore, ciò contribuisce ad abbattere le barriere, a rompere il ghiaccio, e a contribuire a costruire il rapporto di fiducia che, nel mio caso in particolare, è alla base del mio obiettivo di comunicazione.

In ogni caso la scelta dell’uso del tu o del lei, aggiungo, deve essere coerente dall’inizio alla fine. Intendo dire che non si può iniziare dando del “lei”, intermezzandolo con il “tu”, per poi concludere dando di nuovo del “tu”. Lo stile del linguaggio deve essere, insomma, sempre lo stesso dalla prima all’ultima parola. Fermo restando, come detto, che comunicando pubblicamente il tu è fortemente consigliato.

Lo dimostrano certi siti aziendali che si rivolgono alla propria clientela dando del “lei”, convinti di apparire più gentili  e cortesi con il loro target. C’è ancora chi, addirittura, sulla comunicazione pubblica, ma anche in quella privata di cui parlerò in seguito, non solo riporta il “Lei”, ma lo rafforza con la “L” maiuscola.

Un modo di comunicare davvero da evitare poiché antiquato e stucchevole. In simili casi il copy-writing andrebbe assolutamente rifatto da capo.

Nelle comunicazioni private

Nelle lettere e raccomandate, nelle mail, nelle chat e negli sms, durante gli incontri di lavoro e le telefonate, cioè in tutta la comunicazione “uno ad uno” va invece fatta una distinzione. A mio avviso il “dare del tu” andrebbe usato solo nei seguenti casi:

  • Mai la prima volta. Alcuni fanno l’errore di avviare una comunicazione epistolare dando subito del tu. Invece andrebbe usato il tu solo successivamente e se si è evidentemente costruito un solido rapporto amichevole e di fiducia reciproca. Dare del tu senza queste condizioni, è mal visto sia nella vita privata che professionale. Anzi, a maggior ragione, un fornitore che da del tu ad un nuovo potenziale cliente, può essere visto come chi cerca di rompere il ghiaccio con l’unico scopo di vendergli qualcosa. Allo stesso modo un potenziale cliente che si rivolge dando subito del tu ad un fornitore, può apparire come chi lo fa solo per poterne trarre un vantaggio (ad esempio ottenere uno sconto, ottenere credito o, nei casi più estremi, non pagare affatto).
  • Solo se è il cliente a darci del tu per primo. Mi è capitato più volte, entrando in un negozio, di essere stato indicato col “tu” da commessi da me totalmente sconosciuti. Probabilmente questi ritenevano che “dare del tu” fosse un modo di rompere il ghiaccio, ignorando però il fatto che non tutti i clienti sono uguali. Può esserci infatti chi può provare fastidio. Insomma l’uso smodato del “tu” in ambito commerciale è molto pericoloso, perché se è vero che può talvolta favorire i rapporti amichevoli, può anche avere l’effetto contrario di allontanare il cliente, anziché avvicinarlo. Insomma, se è il cliente a prendersi questa libertà, allora la ricambiamo. Ma mai essere noi i primi.

Conclusioni: riflessione e curiosità

Non tutti ci fanno caso, ma esiste un solo caso in cui ci si può dare del tu sin da subito e senza alcun tipo di freno sociale. In questo caso, siamo fuori dagli ambiti commerciali e lavorativi: parlo del caso in cui gli anziani vengono in contatto con i bambini, specialmente i più piccoli.

Credo, e penso di non sbagliarmi affatto, nel ritenere che il dialogo tra queste due categorie anagraficamente così all’estremo, debba essere basato da uno spontaneo dare del tu.

È un bene che un bambino, ma solo più cresciuto, impari a saper differenziare il del tu dal del lei. Ma in tenera età non c’è niente di più bello del “ciao” reciproco tra un passante un po’ grande che, sotto lo sguardo attento della madre, sorride e saluta un bambino: che magari ricambia il gesto senza i formalismi tipici della società degli adulti, cioè con una genuina e vera spontaneità da cui noi tutti dovremmo imparare.

(foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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