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Dopo aver ottimizzato e semplificato la scorsa settimana la mia personale “promessa di valore” (per non rischiare di risultare autoreferenziale ho preferito evitare di farci un blog post ma se vuoi puoi approfondire qui), oggi ho deciso di parlare di quello che è ormai il tema centrale del mio blog: la ricerca e la comunicazione (a scopi di personal branding soprattutto, ma non solo) del “perché”.
Già, “il perché”, ovvero lo scopo sociale di un individuo ma anche di un’organizzazione: tema un po’ tabù in quanto ostico e soprattutto “fraintenibile” (alcuni potrebbero intenderlo come inconsistente, come “fuffa”) ma che è invece fondamentale (nel senso letterale: ne getta davvero “le fondamenta”) per chi fa o vuole fare branding.
Ed è proprio per questo che voglio battere ancora su questo argomento adottando per quanto possibile – ci tengo a precisarlo – un approccio scientifico.
Trovare il perché è difficile
Sai perché capire il “perché”, lo scopo profondo che ci motiva nella vita e nel lavoro è dannatamente difficile?
La risposta a questa domanda proviene dalle neuroscienze. Perché il perché (perdona il gioco di parole!) non riguarda la razionalità ma l’inconscio e le emozioni umane.
Il perché, infatti, non si decide ma si trova, si scopre, si “prova”.
Il perché si origina nella parte profonda del cervello, non a caso illustrata nel “cerchio d’oro” di Simon Sinek, intuizione notevole del noto TED speaker ed autore, come la parte più interna del suo modello di comunicazione.
(il cerchio d’oro tratto dal libro “Trova il tuo perché”, il sequel di “Partire dal perché di Simon Sinek)
Il perché risiede nel cervello limbico dove oltre alle emozioni ha sede la memoria (guarda caso i sentimenti ne sono una combinazione).
Analogamente il cerchio d’oro di Sinek ha al suo interno, a metà strada tra il perché interno ed il “cosa” esterno, il “come” proprio a replicare il cervello umano con la parte esterna, detta neocorteccia, che si occupa all’opposto della razionalità dove, come sottolinea Sinek, ha sede il linguaggio.
Ed è proprio per questo che è così difficile trovare e spiegare il perché facendo uso di ragione e linguaggio! Lo scopo ha origine invece dove il linguaggio non esiste, dove esistono solo le emozioni ed il loro ricordo.
Farsi le domande giuste
Quindi provare a trovare il perché facendosi domande è corretto ma a rischio fallimento se le domande non sono quelle “giuste”, cioè in grado di stimolare il sistema limbico (a proposito di domande, in questa social gallery provo a “giocare” con un amico immaginario).
Sinek suggerisce infatti di trovare il proprio perché andando indietro nel tempo, provando a ricordare fatti ed eventi della propria vita ripetuti e significativi dal punto di vista emozionale.
Quindi niente questionari ma solo tanta, tantissima introspezione ed ascolto di sé.
Come ho trovato il mio
Personalmente ho capito il mio perché in questo modo, proprio indagando il mio passato. No, non è stato facile (e a volte anche un po’ doloroso, i ricordi non sono sempre tutti belli, purtroppo).
Ma la cosa curiosa, e che ha premiato il lavoro fatto su me stesso, è capire di essere bravo ad aiutare gli altri in questa ricerca.
Non a caso Sinek stesso suggerisce di farsi aiutare.
È proprio ciò che nel mio piccolo cerco di fare. Sono un brand builder, certo, ma ciò che mi distingue dai tanti miei colleghi è che prima di aiutarti a trovare le parole e le immagini giuste che raccontino il tuo “cosa fai” e “come lo fai”, ti aiuto col tuo “perché”.
Ed il motivo per cui lo faccio è che chi comunica senza conoscere il perché rischia di perdersi per strada.
Aiutarti la lanciare il tuo brand senza un’autoanalisi sul perché, sarebbe troppo rischioso. In pratica rischieresti davvero di costruire una narrazione del “cosa” e del “come” poco efficaci.
D’altronde quando parliamo di scopo parliamo proprio della “direzione giusta” di quel personal branding che viene fatto bene.
Ribadendo la mia promessa
Ho già parlato di perché nel mio blog in questo articolo scritto alla fine dell’estate 2022 in cui spiego le mie intenzioni di propormi anche come “supporto” a quegli imprenditori e professionisti che volessero una mano a trovare/capire/spiegare il proprio scopo sociale, evitando loro quindi un probabile ed enorme spreco di energie e tempo in questa non banale attività.
Oppure ne ho parlato anche in quest’altro articolo sulla fiducia nata dalla “condivisione del perché” o ancora in questo in cui ricordo che il perché non è proprio per tutti (sì, ci sono dei requisiti da rispettare).
Insomma, ne ho parlato e continuerò a farlo, anzi ti avverto: da ora in avanti andrò ancora più in profondità cercando di condividere con te le competenze acquisite nei miei 20 anni come consulente di cui più di dieci nel web marketing e nel branding e soprattutto personal branding.
Da oggi ci immergeremo ancor di più nel personal branding “purpose oriented” cioè che conferisce al brand una “forza” i cui effetti si vedono nel tempo ma in modo potenzialmente decisamente impattante sugli affari.