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Sempre più spesso ricevo richieste di amicizia su Facebook da ragazzi di 20/30 anni dalla faccia pulita che si presentano come coach / consulenti / formatori di web marketing e che promettono di “far svoltare” professionisti ed imprenditori.
La cosa che ogni volta mi lascia perplesso non è certo il fatto che contattino me che teoricamente (anche se in pratica non è sempre così) sono un loro competitor ma il fatto che questi si somiglino tra loro moltissimo direi in maniera imbarazzante. In pratica questi giovani sedicenti professionisti sembrano “fatti con lo stampino”.
Se anche a te è capitato di ricevere simili richieste facci caso: i loro personal brand sembrano ricalcare sempre il solito schema. Sembrano davvero essere stati tutti istruiti ad applicare lo stesso metodo frequentando lo stesso corso impartito dallo stesso insegnante.
Tipicamente sui loro social svettano elementi sempre molto simili: una copertina con logo stiloso con un pay-off inesistete o banale, una comunicazione all’insegna di foto in cui mostrano una vita da “smart worker” (e non per forza dalla piscina di Dubai, che ormai la gente c’ha gli anticorpi!), il classico profilo Instagram con “vagonate di meme” dalla grafica e qualità fotografica impeccabile arricchiti immancabilmente da citazioni da guru con tanto di narrazione “finto-empatica”.
Altri indizi?
Altra cosa che li accomuna è la generale “bella presenza” (facci caso: solitamente sono tutti magri, alti e capelluti, con foto Instagram che li fanno sembrare più modelli che consulenti; sì l’ammetto… su questo sono invidioso, argh!). Sembrano tutti viaggiatori che girano il mondo, che si godono la vita. Dei veri avventurieri.
E poi di solito non hanno un sito, cosa che li rende veri “animali sociali”.
Di solito hanno il profilo collegato a whatsapp (o simile) invece di un più autorevole blog. E sui social adottano un copy all’insegna del “marketing a risposta diretta”, quel marketing dove le parole sono fortemente studiate per persuadere e a volte manipolare il lettore con lo scopo di spingerlo all’azione. Subito. Ora. Che ci sono pochi posti liberi!
Insomma quel genere di copy dove le leve persuasive di Cialdini vengono applicate all’ennesima potenza. E dove i prezzi (anche se non è sempre detto che si vedano, spesso evitano di mostrarli per non far scappare prima del tempo), finiscono tutti immancabilmente con “7”. Un numero “sgamatissimo” che studi pseudo-scientifici (e già questo secondo me spiega molto) indicano percepibile come addirittura “attraente”, manco fosse Scarlett Johansson in lingerie. Bo?
Ma sta gente… andarsene 7 anni in Tibet tipo Brad Pitt, no, eh?
Tuttavia ammetto che spesso non c’è nulla in loro che gli faccia meritare questo mio articolo. Insomma non so te ma io di solito questi ragazzi un po’ sbarbati e dal personal branding finto come una banconota da 3 euro li ignoro o, al massimo, accetto le loro richieste di “amicizia” su faccialibro giusto perché voglio capirne di più, che non è che sono infallibile e magari mi sbaglio. Certo, difficile che un venticinquenne, anche se neolaureato con ottimi voti, abbia sufficiente esperienza per fare il consulente, ma mai dire mai… le eccellenze sono rare, ma esistono.
D’altronde quel modo di comunicare persuasivo (perché provare a persuadere senza forzare ci può anche stare, manipolare molto meno!), non è poi il male per forza. Il marketing deve pur far vendere, e che un copy cerchi di spingere un prodotto, anche se il modo con cui si fa può essere opinabile, è comunque comprensibile.
La nota stonata che dovrebbe farti scappare via senza voltarti
C’è però un aspetto di quella “narrazione” ridondante da parte di una parte di questi “professionisti fotocopia” che non mando proprio giù perché pericoloso e nocivo. C’è un loro aspetto che mi porta, oltre che a non accettarne l’amicizia, proprio a non far finta di niente: una promessa che non è generica ma molto precisa e che fa più o meno così:
Non essendo nato ieri e lavorando nel settore da più di 20 anni di cui circa 15 nel marketing la puzza di bruciato quando mi imbatto in questa narrazione è forte. Anzi, per la precisione di quella cosa organica di cui non voglio fare il nome.
Penso infatti che questa promessa sia davvero anti-etica, da sbruffoni, e chi la fa andrebbe, quanto meno mediaticamente, denunciato.
È una promessa assolutamente irrealizzabile. Senza giri di parole: una truffa.
Il motivo per cui lo penso non è per “disillusione”, non è un pensiero “negativo limitante” ma sono assolutamente certo che per un professionista che non ha mai “smarmellato” il suo brand su web e social guadagnare in pochissimo tempo, partendo da una situazione di guadagno online pari a zero, addirittura 10, 20 o 30 mila euro al mese, e farlo in modo continuativo, è assolutamente impossibile.
Ed infatti non ti farò pipponi ideologici ma te lo dimostrerò in due modi, prima di tutto parlandoti di branding.
Dimostrazione da consulente
In modo molto sintetico il branding è quel processo che favorisce la costruzione di fiducia tra il consumatore ed il prodotto.
E cos’è la fiducia? La fiducia è quella affinità tra le parti che nel business porta all’azione, tipicamente all’acquisto di qualcosa. E se questo qualcosa è un prodotto caro in un tempo mediamente lungo.
Quindi a meno che la fiducia si fondi sulla “circonvenzione / adulazione / manipolazione” (e non sarebbe affatto una giustificazione) di un pubblico affine nei confronti di un brand o personal brand fino a pochi giorni prima sconosciuto, arrivare a guadagnare da subito è difficile (anche se non impossibile).
E guadagnare cifre con diversi zeri ed in poche settimane è impossibile!
Beh, credo che sul piano marketing e comunicazione non serva aggiungere altro. Non serve neache accennare al fondamentale aspetto di unicità che un brand dovrebbe avere (dubito che un “consulente clonato” lo sappia e lo faccia applicare ai suoi clienti). Basta e avanza la brand awareness, d’altronde, che agisce sul piano emotivo in un lungo periodo. Ovviamente a meno che non venga forzato agendo sui bias cognitivi (se vuoi approfondire questo tema leggi qui): in tal caso lascerebbe comunque molti morti e feriti sul campo che poi, stanne certo, gliela farebbero pagare con le recensioni ed il passa parola negativo.
Dimostrazione da “potenziale competitor”
Ma voglio dimostrarti la malafede di queste persone anche prendendo a campione e studiando ancor meglio uno di questi “personaggi“. Indicarne i veri nomi non serve, tanto lo “stile copia e incolla” è così riconoscibile che saprai riconoscerli all’istante.
Non a caso ho parlato di personaggi. Già, questi professionisti sono davvero l’antitesi del personal branding, “personaggi studiati a tavolino” plasmati per fott… ehm… per fregare il prossimo. Gente che pretende di insegnare il personal branding non sapendo assolutamente nulla di personal branding. O quantomeno di personal branding efficace e soprattutto etico.
Prendo a modello proprio l’ultimo di questi “giovinastri” che mi ha chiesto l’amicizia su Facebook.
Scorrendo il newsfeed di Giuvà (nome di fantasia) noto subito un paio di “video”. Il più recente è un’intervista ad un “cliente” che parla degli “straordinari risultati” raggiunti grazie alla consulenza in social media marketing di Giuvà. Ebbene la persona intervistata, che appare molto convincente grazie alla parlantina sciolta, non c’è modo di capire chi sia. Infatti il “consulente” parla sia nel post che nel video di questa persona accennandone solo il nome di battesimo, quindi niente cognome, niente tag, niente di niente. I like al post sui social di questo video non rimandano a nessuna persona con quel nome. Tentando una ricerca veloce sul web sulla base della categoria risulta essere un fantasma (escono fuori diversi esperti del suo settore con quel nome di battesimo, ma non il soggetto intervistato).
A questo punto la mia domanda, molto retorica ovviamente, è…
Se è vero che questa persona ha ottenuto straordinari ed immediati risultati, perché diavolo non la nomina né la tagga?
Per riservatezza? Eppure è in video e parla a briglia sciolta. Allora, dammi del malpensante, ma secondo me è lecito pensare che si tratti di un attore o un’attrice che recita la parte del cliente soddisfatto.
Scorrendo il newsfeed di Giuvà ecco un altro di questi suoi “clienti”, sempre in un video pubblicato sulla pagina di questo “genio del marketing” (eufemismo, ovviamente) che dichiara invece di aver ottenuto da zero guadagni da svariati migliaia di euro grazie ai social e grazie alla consulenza del tizio in questione. In questo caso fa il suo nome e cognome specificando anche la professione (però niente tag). Bene, vuoi mettere che alla fine è vero che questo qui è un mostro del marketing che Philip Kotler scansate ed io ho pensato male, scrivendo tutto questo pippone, per nulla?
Allora apro Google e digito quelle keyword.
Cosa trovo? Il suo sito, che in effetti esiste, in cui però, attenzione, non si evince alcuna strategia di differenziazione, nessuna specializzazione, niente che insomma al di là del sito carino fatto con WordPress, faccia presagire il “tocco magico” di una consulenza geniale, quell’effetto WOW che una strategia che fa guadagnare migliaia di euro in poche settimane e da zero dovrebbe in teoria avere. Ma volendo ancora sospettare della mia sagacia: vuoi mettere che questo cliente avrà ottenuto risultati straordinari sui social?
Allora mi sposto sul suo Facebook e sul suo Instagram.
Anche qui… cosa trovo?
Pochissime interazioni, ultimo post settimane fa. Niente insomma che giustifichi o si colleghi in qualche modo a quanto dichiarato nel video. Non uno scappato di casa, sia chiaro, perché magari il tizio i suoi mille o duemila euro a casa li porta comunque di suo, eh? Ma la forte impressione è che Giuvà non c’entri nulla. Niente. Nada.
Conclusioni
So che scrivere un post che parla “male” di un “collega” (anche se con questo termine gli sto facendo un complimento) non è mai una bella cosa.
Ma niente sensi di colpa: qui ci sono tutti gli estremi per parlare di concorrenza sleale, di una truffa, anzi una serie di truffe tentate e magari anche perpetuate da un esercito di cloni ai danni di imprenditori, artigiani, professionisti, commercianti e altre piccole attività in svariati settori (categorie di cui, lavorando come consulente e formatore di personal branding mi prendo cura giornalmente, e ci tengo!) e che magari non sanno come smuovere il business fermo da anni (anche per colpa della pandemia) e che malauguratamente si imbattano in questi veri e propri ciarlatani.
So che alcuni non saranno d’accordo perché magari davvero sono riusciti in poche settimane a sbancare. Ma quanti ci riescono? Uno su un milione, forse. Infatti ciò che critico non è questa recondita ma forse non proprio davvero impossibile eventualità, ma il fatto che esistano consulenti che si vendono illudendo che possa essere la normalità. Gente che ti dice, se sei un professionista o un imprenditore, che pagando il suo corso o percorso di formazione o di coaching svolterai in pochi giorni. E non che inizierai a guadagnare, ma che proprio cambierai vita sul piano economico.
Non è così, ed è fortemente ingiusto dire il contrario.
Se tu che leggi sei tra questi ovviamente fai come credi e se malgrado il mio warning ritieni che tu possa fidarti di chi ti promette tanti K in poco tempo fai pure. Però almeno dai ascolto allo zio e fai sempre molta attenzione, soprattutto fai delle “verifiche incrociate” come quelle che ho fatto io prima di dargli in pasto una cosa così importante come il tuo brand.
PS: inutile scrivermi per chiedermi “pareri” sulla serietà di specifici “professionisti” (facendomi pure il loro “nome e cognome”). Non sarebbe serio da parte mia parlare di potenziali colleghi. Il mio articolo, lo ribadisco, vuole denunciare un “fenomeno”. Sta al lettore far tesoro di quanto scritto per capire autonomamente se un professionista è meritevole o meno di fiducia.