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Una strofa della canzone “Fame” del 1975 di David Bowie fa così:

Fame, it’s not your brain, it’s just the flame that burns your change to keep you insane.

La ascoltavo giusto questa mattina sul mio Google Mini e ho pensato subito quanto fosse vera quella frase, quanto fosse “attuale” anche dal punto di vista scientifico.

(la versione Instagram – a proposito seguimi pure se ti va – del mio post la trovi qui: https://www.instagram.com/p/CnjWIdMqDFk/)

 

Già, anche se non sono un neurologo mi piace studiare neuromarketing, la branca del marketing che studia la reazione del cervello umano agli stimoli esterni, e la cosa particolare che ho notato è che se prendiamo quella strofa, Bowie parla proprio di cervello (fame it’s not your brain) sostenendo che la fama è qualcosa di assolutamente irrazionale, come se agisse fuori dal cervello stesso (“fame is not IN your brain”, in pratica per suonare meglio ha tolto “in” dicendo qualcosa come “la fama non è nel tuo cervello”).

In realtà la scienza dice che l’irrazionalità stessa, ovvero l’inconscio, viene elaborato dal cervello stesso, non fuori da esso (anche se alcune teorie hanno più di recente provato che non è solo così: anche il cuore sembrerebbe coinvolto in questo processo in ciò che viene chiamata “neurocezione”; è un tema tra l’altro su cui tempo fa ho fatto anche un video, lo trovi nella mia sezione “videopillole di personal branding”).

Ad ogni modo è proprio vero che la fama può bruciare il tuo cambiamento, rovinandoti persino la vita proprio perché non la controlli, la subisci.

A proposito ho apprezzato molto l’ultimo post di Riccardo Scandellari che parlava proprio di successo (di cui ho parlato qui in questo articolo “condiviso”), un argomento molto legato al concetto di fama, aiutando a comprenderne il senso. Riccardo divide gli obiettivi in due categorie: quelli interni (che possiamo controllare) e quelli esterni (tra cui la fama) che invece non possiamo controllare. Consiglio di dargli un’occhiata perché è illuminante.

Concludendo, occhio a non dare troppa importanza alla fama.

Personalmente come Riccardo ritengo che non valga la pena monitorarla, preferisco invece tenere traccia delle persone che ho aiutato e continuo ad aiutare nella mia attività. E ti consiglio di fare lo stesso, evitando soprattutto di confrontare la tua fama, di cui i social like sono un illusorio indicatore, con quella degli altri.

Tra l’altro “cercare di diventare famosi” è decisamente un obiettivo sbagliato. La fama infatti:

  • non è un obiettivo che si può raggiungere direttamente ma la possibile conseguenza di un lavoro ben fatto;
  • è spesso effimera e non duratura. Pensaci: molte persone diventano famose e poi scompaiono dalla ribalta;
  • può avere effetti negativi sulla vita privata e sulla salute mentale (Bowie dixit!). La pressione costante dell’attenzione pubblica e la perdita della privacy possono causare stress e ansia;
  • non garantisce la felicità o il successo. Molte persone famose affrontano problemi personali e professionali nonostante la loro fama. Basterebbe leggere – come sto facendo, ma non fustigarmi, è soprattutto a scopo didattico – il libro “Spare” di Prince Harry per rendersi conto di quanto dolore e stress possa causare.

Insomma in generale meglio concentrarsi su obiettivi più significativi e duraturi come la realizzazione personale, la costruzione di relazioni utili contribuendo al benessere degli altri. Ed un ottimo strumento per riuscirci è proprio il personal branding.

PS: sulla canzone “Fame!” ci avevo già scritto un articolo, riferendomi però ad un’altra canzone molto famosa negli anni 80. Nell’articolo si parla anche di FOMO, il bias famigerato che porta moltissime persone a rimanere attaccate ai social, bruciando moltissimo tempo ed energie (e per certi versi anche il proprio “cervello”). Lo puoi leggere qui.

(Foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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