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Una delle cose che il tuo personal brand ti impone di sapere è il tuo “giusto prezzo”.

Non mi riferisco tanto alle tue tariffe professionali o ai prezzi praticati nel tuo negozio, ma più in generale al prezzo che attribuisci a te stesso e che, secondo il corretto approccio, dovresti definire in funzione del valore offerto e percepito dai tuoi clienti.

Detta così sembra semplice, ma la verità è che comprendere il tuo “valore di mercato” è un processo di personal branding tra i più difficili malgrado lo si ritenga facile a farsi.

Il motivo è che spesso erroneamente lo si decide in base alle personali percezioni oppure perché se ne è afflitti come conseguenza della famigerata “guerra dei prezzi”.

Una questione di percezione (ma non la tua)

Per intenderci, se ad esempio credi di essere un talentuoso imprenditore, ma il tuo pubblico non la pensa allo stesso modo, il tuo pricing elevato, dato dalla tua falsa percezione, sarà una nota stonata del tuo piano marketing che, prima o poi, per effetto del passaparola negativo, ti farà perdere molte quote di mercato.

All’opposto se la tua scarsa autostima ti porta a vederti come impreparato o inadeguato, e questo nonostante il tuo pubblico in verità apprezzi molto il tuo lavoro, il tuo pricing tendenzialmente basso potrebbe ugualmente danneggiarti, perché verrai scelto da sempre più persone attratte dal prezzo basso ma che non ti apprezzeranno per nulla, col rischio persino di impedirti, aumentando i volumi di lavoro, di fornire un servizio o un prodotto all’altezza, finendo per scontentare tutti.

Dunque, come calcolare il “prezzo giusto” del tuo brand?

La mia risposta a questa domanda è sempre la stessa: con una massiccia dose di umiltà.

L’umiltà dell’imprenditore può essere in effetti davvero la marcia in più, in grado cioè non solo di consentirti (mi rivolgo a te perché sei sempre un imprenditore, ne parlo qui) di comprendere in modo oggettivo, e non di certo soggettivo come nei due esempi precedenti, il proprio valore, ma anche di porti in uno stato di crescita attraverso il continuo apprendimento.

Il dizionario definisce questo status in questo modo:

L’umiltà è la virtù per la quale l’uomo riconosce i propri limiti, rifuggendo da ogni forma d’orgoglio, di superbia, di emulazione o sopraffazione.

Riconoscere i tuoi limiti è quindi fondamentale. Ma devi fare attenzione però a non interpretare l’umiltà come uno stato di bassa estrazione sociale.

In effetti il dizionario definisce l’umiltà anche in questo modo, ma non devi fare l’errore di intenderlo in quel modo ma solo legarlo alla capacità di comprenderti veramente, per inciso evitando di sopravvalutarti o sottovalutarti.

L’umiltà imprenditoriale, insomma, non ha a che fare con i concetti di superiorità o inferiorità, ma va interpretata nella sua naturale applicazione. E soprattutto va legata al concetto di “ascolto” e quindi, parlando squisitamente di marketing, all’analisi dei dati raccolti dal tuo pubblico (feedback).

Dunque come fare a definire il tuo prezzo giusto? Visto che ho parlato di “dati”, ecco la risposta:

Fattelo “suggerire” dai tuoi clienti!

L’economia odierna, spesso erroneamente interpretata come una semplice guerra al prezzo più basso (come se i clienti fossero tutti desiderosi di ottenere il risparmio a discapito della qualità), potrebbe farti perdere di vista il tuo vero prezzo, facendoti commettere l’errore di abbassarlo anche se non vorresti, pur di vendere qualcosa e tirare a campare.

In verità dovresti identificare i tuoi clienti più in linea con il tuo brand, ovvero chi dimostra ogni giorno di apprezzare il tuo lavoro, e questo a prescindere dal prezzo basso.

Puoi provare ad identificare questo “sottoinsieme di clienti”, che per la famosa Legge di Pareto dovrebbe aggirarsi intorno al 20% di chi genera l’80% del tuo fatturato, scartabellando le fatture dell’ultimo anno, selezionando quelle che ti hanno portato più utili, e tracciando una sorta di identikit del cliente ideale (la cosiddetta “buyer persona”).

Solo dopo averlo tracciato potrai comprendere il tuo valore percepito (dai tuoi clienti migliori, non di certo da te!) e passare alla definizione di un pricing adeguato a questo target.

Occhio, perché come saprai il prezzo in economia dipende anche dai costi. Dovrai tenerne ovviamente conto, stando attento a ripagarteli generando un utile “congruo” con il valore offerto a questo tuo gruppo di clienti più in linea e da questi percepito (sì, perché non basterà “vendere caro ai ricchi”, ma il tuo brand dovrà essere carico di “valori condivisi”).

Basta con la guerra dei prezzi!

A questo punto forse di dirai: “a parole è facile, ma come faccio a cambiare pricing da un giorno all’altro, senza incorrere in problemi di vendite e, quindi, di liquidità?”.

Ecco, voglio riportarti la mia storia, perché potrebbe aiutarti più di qualsiasi teoria.

Tanti anni fa, quando ero un programmatore ed un grafico per il web e l’editoria e non avevo ancora iniziato ad applicarmi seriamente al marketing, tendevo a svendermi pur di accalappiare i clienti, a discapito anche delle finanze, raccogliendo negli anni un buon database di clienti.

Dopo aver acquisito, a seguito di anni di studi e sperimentazioni, la dovuta competenza, esperienza e maturato una certa consapevolezza, ho deciso di fare un’inversione ad U, smettendola con la guerra del prezzo e concentrandomi solo su una piccola nicchia di clienti, quelli che hanno dimostrato di apprezzarmi più per il valore del mio servizio e per il servizio clienti che per lo sconto.

La mia “conversione” però non è avvenuta da un giorno all’altro, ma gradualmente.

In sostanza ho scelto di comunicare meglio e di più con loro, “coccolando” i migliori, e spiegando apertamente la scelta di cambiare. Nel frattempo ho spiegato ai clienti “meno in linea” che, se non avessero voluto anche loro “cambiare” non sarebbe stato per me un problema lasciarli andare via (semmai per loro e per i loro futuri consulenti!).

Durante questo “percorso” è stato inevitabile perdere tanti clienti, ma di contro ho rinforzato e massimizzato il rapporto con la parte migliore di essi e ne ho trovati di altri, altrettanto importanti.

Quindi posso dirti, a distanza di anni, di aver fatto la scelta giusta (sono i miei conti a confermarmelo) e spero che anche tu troverai la forza di fare una simile inversione di marcia.

Certo, non ti basterà aumentare la qualità dei tuoi prodotti o servizi, o migliorare il tuo servizio clienti per giustificare il tuo nuovo pricing: dovrai anche differenziarti, focalizzandoti e riposizionandoti nel mercato, ovvero in modo tale da non solo essere, ma anche apparire come la scelta migliore per i tuoi clienti.

Questa è l’unica strada possibile per non farti scegliere per il prezzo.

Ricorda: se sei uguale agli altri (o meglio, se la percezione che dai agli altri è di essere uguale agli altri), il prezzo più basso sarà l’unico fattore che ti consentirà di farti scegliere.

Conclusione

Non ne puoi più della guerra dei prezzi? Hai abbassato troppo il tuo prezzo pur di continuare a lavorare? Oppure hai alzato troppo i prezzi, ma senza ottenere alcun beneficio?

Riassumendo, ciò che devi fare (o rifare) è prima di tutto innescare un processo di consapevolezza dei tuoi mezzi, e poi di miglioramento del tuo processo lavorativo, in modo da acquisire e mantenere una clientela più felice e soddisfatta a cui proporti in maniera più esclusiva. A questo punto definire il tuo “prezzo giusto” sarà molto più semplice, oltre che proficuo!

Ricorda anche: aumentare il tuo pricing avrà senso solo se ne aumenterai il valore, altrimenti sarà un boomerang!


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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