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Se come me sei negli “anta” ricorderai certamente lo spot che girava in TV negli anni 80 e primi 90 del tour operator “Alpitour” con protagonista una coppia di viaggiatori.

Nello spot questi visitavano luoghi di vacanza in situazioni non belle, mostrandosi ad esempio incapaci di orientarsi e di trovare la strada sotto il sole cocente, mentre “un locale” diceva loro la famosa battuta “Turista fai da te? No Alpitour? Ahi ahi ahi…”.

Qui lo spot: https://www.youtube.com/watch?v=XXtkE_aTz5Q

 

L’idea di fondo dello spot era molto semplice: si suggeriva di optare per i viaggi organizzati, indicandoli come più sicuri invece di viaggiare da soli ed all’avventura esponendosi a problemi.

Per Alpitour quello spot funzionò alla grande, d’altronde fu mandato in onda per molti anni. Non a caso il suo slogan è rimasto impresso nella mente di molti, compresa la mia.

Oggi voglio “riciclare” questo vecchio spot per portare acqua al mio mulino che gira vorticosamente a personal branding, social media e siti web.

Sì, perché in effetti proprio come per il “fare viaggi” ci sono due modi per fare personal branding: da un lato in modo organizzato/guidato e dall’altro in modo totalmente libero/autonomo.

Voglio parlare proprio di ciascuna di queste opposte modalità di viaggiare lungo il percorso che si fa facendo personal branding.

Personal branding in modalità tour operator

Fare personal branding in modo guidato ed organizzato, proprio come chi ha acquistato un pacchetto turistico, ha l’indubbio vantaggio di contare sulla presenza costante di un professionista, tipicamente un consulente o un’agenzia di web marketing, che lo guida maniacalmente lungo tutto il percorso, decidendo per suo conto la strategia, il diario editoriale, lo stile comunicativo, addirittura postando al suo posto i contenuti dopo averli prodotti (o meglio fatti produrre da appositi creator pagati a tale scopo).

Questa è sicuramente una soluzione comoda, semplice, per la quale da parte del cliente che vuole fare personal branding c’è la possibilità di risparmiare un mucchio di tempo e fatica, a fronte del pagamento di un “prezzo certo” ed “all inclusive” che consente di ottenere un pacchetto di servizi completi, un po’ a mo’ di pacchetto turistico alla Alpitour.

Dell’efficacia di questo genere di attività ne parlerò dopo.

Personal branding in modalità fai da te

Di contro c’è il fare personal branding fatto da soli, senza appoggiarsi ad alcun consulente ed agenzia ma studiando autonomamente la teoria del personal branding e mettendola in pratica attraverso i molteplici strumenti di web marketing online che sono a disposizione e che spesso sono utilizzabili anche in modo gratuito.

Anche questa è una strada assolutamente percorribile, ma che se da un lato dal punto di vista economico richiede zero o pochi soldi, dall’altro richiede una marea di tempo ed un sacco di impegno, studio ed esperienza per poter essere praticata.

Quindi no, non è propriamente “gratis” visto che “time is money”. Diciamo che è un percorso non impossibile ma molto, molto utopistico.

Qual è la modalità migliore?

Dipende sempre dal soggetto che vuol fare personal branding, ma possiamo valutarne pro e contro in modo molto generale.

Delle due modalità quella “fai da te” è sconsigliatissima a chi ha già una professione, quindi praticamente a parte i disoccupati a tutti, perché molto difficilmente si avrà modo e tempo di studiare ed applicare con efficacia la teoria di personal branding sia di tipo strategico che operativo per poter ottenere risultati.

L’imprenditore di turno, infatti, deve portare avanti la baracca, non può di certo dedicarsi a tutto il marketing ed alla comunicazione della sua azienda!

Tuttavia la modalità “fai da te” non è neanche da bocciare totalmente in quanto un’infarinatura di personal branding e web marketing dovrebbero avercela tutti gli imprenditori, professionisti e partite iva.

Non a caso (momento marketta, hihihi!) proprio a questo scopo tempo fa ho scritto il mio manuale “Personal Branding sui Social”, che se desideri puoi acquistare qui, costa appena 10 euro, che aiuta a fare personal branding in modalità passo passo ed autonomo, anche se non completamente.

Se non altro chi ha un’azienda dovrebbe almeno acquisire la necessaria consapevolezza nel potenziale del web marketing, conoscere almeno un po’ il suo linguaggio in modo da non ritrovarsi impreparato di fronte ad un confronto in agenzia.

Dovrebbe conoscere almeno grossolanamente cosa significa posizionarsi attraverso la marca personale. Inoltre fare personal branding comporta comunque almeno in parte il “mettere le mani in pasta nella comunicazione”: il classico “metterci la faccia” che non consiste solo nel farsi fotografare (o peggio selfarsi ripetutamente) ma partecipare a buona parte della creazione dei contenuti, se non altro in termini almeno parzialmente strategici e decisionali, e giornalmente alle community online, specie nell’ottica di nurturing della propria, di community.

Insomma è necessario in ogni caso un coinvolgimento diretto imprenditoriale.

Tuttavia anche la prima soluzione, quella “all inclusive”, ha tante, tantissime lacune. Ed è per questo che non va comunque totalmente bene.

Se da un lato infatti esistono tour operator che, dato un certo budget, scelgono per conto dei turisti persino la destinazione (basti pensare alle crociere in cui vengono fatti scendere e scarrozzati in porti di cui, a volte, non frega nulla), chi pensa di poter fare personal branding appoggiandosi ad una di quelle “agenzie che fanno tutto loro”, tipicamente le web agency generaliste che offrono i famigerati “servizi a 360 gradi e chiavi in mano” per la serie “basta pagare”, rimarrà sorpreso di scoprire che questo genere di consulenze quasi mai ha interesse a portare risultati ma solo “vendere pacchetti” e fare cassa.

Insomma a chi pensa di poter fare personal branding in quel modo non basterà indicare al venditore di turno quanto spendere ma gli sarà fondamentale indicare la direzione, ovvero i suoi obiettivi, e lavorare sul piano strategico insieme per capire quali sono questi obiettivi e come raggiungerli.

Prima ancora avendo chiara la “brand identity”: una “cosa” la cui definizione non è certo di poco conto. Di sicuro impossibile da realizzare acquistando un “pacchetto di servizi standard” come si fosse al bancone di un tour operator.

Dovrà essere l’imprenditore a guidare il suo personal branding, non una figura esterna.

Il rischio se non lo fa delegando tutto, infatti, è di gettare le basi per il fallimento, perché gli verrà dato qualcosa di non personalizzato, quindi identico a quello di altri brand.

Qualcosa magari di gradevole esteticamente ma inefficace in un mondo in cui differenziarsi è tutto.

Qual è quindi la morale?

La morale di questa storia sulle due modalità contrapposte di fare personal branding è che farlo in modo efficace si gioca proprio sull’equilibrio tra le due modalità.

Come scrivevo la chiave di ogni personal brand (ma anche brand in generale, eh!) dovrebbe sempre essere l’unicità, per questo scrivevo (e ripeto perché è davvero fondamentale) propinare la “ricetta” già propinata ad altri settordici brand non funzionerà mai.

No, un personal branding fatto bene deve essere “bilanciato” e cioè prevedere la “presenza costante”, come un’ombra, di una “figura guida”, tipicamente proprio un consulente specializzato in personal branding (ti ricordo che è proprio quello che faccio, contattami pure se vuoi!) che realizzi il lavoro sporco di analisi di mercato, ma anche quello non meno incasinato di analisi del brand stesso.

Quella fase in cui si cerca di capire insieme il cosa, il come ed soprattutto il perché che si cela in un brand che funziona e che, successivamente (anche con la collaborazione creativa di chi ci metterà la faccia), si veicolerà all’esterno attraverso la comunicazione.

Comunicazione di cui, ATTENZIONE, potrà occuparsi solo parzialmente perché dovrà occuparsene anche l’imprenditore.

Concludendo

E già! Lo so che può essere difficile da digerire, ma fare personal branding efficacemente prevede che una certa parte del lavoro di “content creation” debba essere fatta autonomamente dall’imprenditore stesso o, al limite, sempre in parte ed a supporto (non di certo sostituendosi) da una sua stretta e “skillata” risorsa interna, sempre che abbia la possibilità di assumerla.

Allo stesso modo però bisognerebbe evitare di esporsi all’imbarazzo di un “personal branding totalmente fai da te” perché certamente, oltre a rischiare di non portare risultati, richiamerebbe in risposta il ghigno “ahi, ahi, ahi ahi!”.

Insomma cerchiamo di trovare il giusto equilibrio tra le due modalità, altrimenti il personal branding non funzionerà.


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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