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Presentarsi al meglio sin dal primo istante, e questo a prescindere se si sta portando avanti un percorso di personal branding, è fondamentale. E, almeno in teoria, è un concetto che abbiamo bene a mente.
Ciò stante è ancora frequente imbattersi in un errore banale quanto goffo: l’abominevole uso del cognome prima del nome. Per la serie…
“Piacere, Fantozzi ragionier Ugo” 🙂
Certo, fa un po’ strano scrivere un post su una cosa del genere, che al di là della citazione cinematografica definirei “errore demenziale”, eppure scorrendo anche i social si può facilmente verificare quanto questo sia diffuso.
Per misurare, sebbene in modo approssimativo, la dimensione del “fenomeno”, ho voluto contare su Facebook e su Linkedin, i social network più importanti per chi fa personal branding, gli utenti con il mio cognome (Cascio) calcolando quanti di questi anteponessero il cognome a nome nel loro profilo.
Ecco i risultati:
- Facebook: 3%
- Linkedin: 2%
Da dire che su Linkedin ho pizzicato pure una sedicente “esperta di comunicazione e pubblicità ” con il cognome al posto del nome e viceversa!
No, voglio andare oltre, davvero, e parlare d’altro. Voglio parlare dell’ovvio che non è poi così ovvio. Voglio parlare, alla luce del risultato attendibile fino ad un certo punto, del fatto che forse un post come questo era necessario.
Intanto che l’ovvietà sia chiara: a meno che non si tratti di riempire un elenco in ordine alfabetico, prima devi sempre mettere il nome e poi il cognome; ad esempio quando firmi o quando ti presenti, sia a voce che per iscritto, sia pubblicamente che privatamente, sia online che offline.
Insomma era doveroso. E questo perché a qualche abitué del “surname first” chissà … potrebbe anche capitare di leggerlo questo post e, magari, di correggere una volta per tutte questa sua imbarazzante abitudine.
Un’abitudine italiana
Ciò che invece è poco ovvio, rendendo forse questo post appetibile anche a chi sa bene che prima va il nome e poi il cognome, è che mettere prima il nome e poi il cognome, e mai il contrario, è una convenzione italiana che non è sempre stata così, anzi! In effetti, come si legge sul sito dell’Accademia della Crusca, fino agli anni ’50 era diffusa l’abitudine opposta, ovvero il firmarsi o presentarsi anteponendo sempre il cognome.
Un’abitudine che per fortuna è stata sfatata dai linguisti più importanti del tempo fino a cadere in disuso.
Da ciò si deduce che chi si ostina ancora nel 2019 a violarla ingenuamente, probabilmente è condizionato da un ambiente (magari quello scolastico, in cui era, e forse è ancora, prassi chiamare gli allievi per cognome piuttosto che per nome) in cui, in qualche modo, quell’antiquata abitudine è sopravvissuta.
Ma l’aspetto più interessante della differenza linguistica tra l’uso di “nome e cognome” contro l’uso di “cognome e nome” è spiegato nell’analisi del linguista Alfonso Leone. Secondo il suo pensiero, il diverso modo di firmarsi e di presentarsi rispecchia un diverso modo di percepirsi all’interno della società . Ecco le sue parole:
Parti sempre dal tuo nome e cognome
Stando al “Leone-pensiero”, dunque, scriversi o presentarsi col nome e col cognome, in questo esatto ordine, può essere un modo di slegarsi da vincoli di parentela o patriarcali di qualsiasi tipo, aiutando la comunicazione a essere più vera, sincera e diretta. E magari a fare da trampolino per costruire un percorso di personal branding all’insegna della qualità , dell’unicità e della personalità .
Anteporre il nome, oltretutto, aiuta a generare un’empatia maggiore nei confronti degli interlocutori. La formalità del vecchio e classico “cognome+nome” non aiuta di certo la comunicazione odierna, incentrata sempre più su un ritrovato concetto di fiducia: il valore su cui costruire qualsiasi buona relazione, anche e sopratutto in ambito professionale.