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“Ne parliamo a settembre?”

Se sei un professionista o lavori nel B2B come me chissà quante volte un prospect a cui hai proposto un preventivo sul più bello ti avrà detto questa frase!

Cosa che, mi gioco il TV da 80 pollici del Ministro della Cultura (ci rimarrà malissimo!), ti avrà fatto pensare di essersi sparato tutto il budget del nuovo lavoro quasi accordato in una costosa crociera.

Ma a parte questo perché “settembre”? Cos’ha di speciale questo mese che a detta di molti sembra essere l’unico momento giusto dell’anno per riaffrontare ogni argomento?

Intanto pare sia il mese della “ripartenza” (anche se gennaio non è d’accordo).

Il problema è che “ne parliamo a settembre?” sembra una scusa per procrastinare! Come se chi la dice pensasse “non voglio affrontare il problema ora, dirò un periodo impreciso in cui riparlarne, basta che mi libero di questo scassamin…”.

E così quel che sembrava un discorso urgente e vitale si trasforma in una sorta di miraggio farlocco che allontana tutti da una soluzione immediata. E da un acconto cash (ari-sob!).

Però sai una cosa?

Se da un lato penso sia una frase (specie se detta in primavera) dal pressapocchismo devastante che a volte denoti persino poco rispetto per l’altrui lavoro, dall’altro penso che “ne parliamo a settembre?” incarni la nostra umanità e debolezza in quanto “gente italica avvezza alle ferie d’agosto”.

Ferie di cui spesso ci lamentiamo “tipo Marchione” ma a cui molti di noi – diGiamolo! – non rinuncerebbero.

Che rappresenti, e qui sono realistico e cinico, la nostra incapacità d’affrontare le cose di petto rimandando le decisioni importanti sperando che intanto si risolvano da sole.

Che questa frase sia un riflesso delle nostre paure, insicurezze e del bisogno naturale di preservare la nostra zona di comfort.

Giusto? Sbagliato?

Probabilmente la seconda. Anzi, sicuramente.

Solo che siamo in estate, nella vita non esiste solo il lavoro e per una volta potremmo forse anche smetterla di chiederci “il perché” (e se lo dico io!) delle cose e “lasciare andare”, senza forzare qualcosa che evidentemente non è forzabile perché fa parte della cultura del nostro sgangherato, ma anche virtuoso, Paese.

Perciò (avverbio che sotto l’ombrellone adotterei al posto del mio “perché”) per una volta proviamo a dare fiducia a chi ci dice “ne parliamo a settembre?” con un sereno “mortac.. ehm… ok, ne parliamo a settembre”? Che poi forse è ciò che vogliamo o abbiamo bisogno anche noi.

Di questo argomento ne parliamo ora o… ne parliamo a settembre?

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Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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