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Le cose più importanti del fare personal branding sono le domande giuste.

D’altronde tutto il marketing si basa sulle domande: sia quelle che rivolgiamo al nostro pubblico per capirne in modo accurato problemi, bisogni e stati d’animo, sia quelle che poniamo a noi stessi, per capirci, correggerci e migliorarci.

Oggi voglio soffermarmi soprattutto su questo ultimo tipo di domande rendendo questo articolo una sorta di “test di autovalutazione” della tua marca personale. Certo, non risolverà i tuoi problemi, semmai sarà l’analisi dei tuoi indicatori di performance a risolverli, ma il test ti aiuterà comunque a dare un senso ai dati raccolti nella tua attività di marketing o, se non hai ancora avviato un personal branding, a capire quali passi compiere per muoverti nella maniera corretta.

Tra l’altro, diciamolo, non sempre la lettura degli indicatori di performance è praticabile. I KPI hanno senso solo se legati ad obiettivi di marketing, quindi a differenza di un test non puoi usarli per misurare il livello generale di “successo” del tuo personal brand ma solo in determinati contesti.

Come fare il test?

Semplice: rispondi sì o no a ciascuna domanda. Ogni “sì” vale un punto, ogni “no” zero punti. Se totalizzi almeno 6 punti sei sulla buona strada (soprattutto se riguardano i primi punti), ma per raggiungere il top dovrai impegnarti ancora molto. Buon divertimento!

1) Conosci te stesso?

La prima e più importante domanda del personal branding è anche la più difficile ma anche la più sottovalutata. Probabilmente risponderai con uno squillante “ma certo che mi conosco!”, eppure è altrettanto probabile che non sia veramente così.

Se chiedi a te stesso “so davvero chi sono?” non dovresti accontentarti di una descrizione sommaria delle tue peculiarità, delle tue passioni, delle tue competenze, ma rispondere raccontandoti in modo molto specifico con una sorta di presentazione ultra-sintetica e fedele di te. In questa breve descrizione dovresti spiegare non solo cosa fai e come lo fai dal punto di vista pratico (la tua sfera razionale), ma come lo fai anche dal punto empatico (la sfera emozionale).

I tuoi valori, quell’insieme di principi che costituiscono il vero motivo per cui esisti e lavori, cioè il cosiddetto “scopo”, sono la cosa in assoluto più importante in quanto sono questi a contraddistinguerti totalmente e veramente nella società. Infatti la maggior parte delle scelte del pubblico (o meglio, di buona parte del pubblico) sono irrazionali, sebbene la stragrande maggior parte degli interessanti creda di averne invece il pieno controllo!

Ad esempio, se cerchi un falegname, non sceglierai quello più bravo (anche se la bravura ha anche il suo peso), ma quello che ha valori più simili ai tuoi. Sceglierai cioè chi ti piace di più “a pelle”, facendoti influenzare dal suo valore comune al tuo.

Lo so che è difficile ammetterlo, ma si tratta di una scelta che si fonda sul valore e che è del tutto (o in buona parte) inconsapevole.

Un esempio di valore? L’etica, l’onestà, il benessere, le tradizioni, la cultura… sta a te individuare quello che tra tutti fa più parte di te!

Se hai chiari quindi davvero i tuoi valori, e ne sei sicuro, allora rispondi pure sì, se non è così, la cosa non dovrebbe demoralizzarti ma, anzi, spingerti a focalizzarti ancor di più per individuare il tuo vero “io”.

In ogni caso, se ti vuoi bene, non mentire a te stesso e rispondi con estrema sincerità (a questa come alle successive domande). Non c’è nulla di male a non conoscersi profondamente, anche se sei grandicello ci sta (se ti tranquillizza ho capito veramente chi sono a 40 anni!).

Considera anche che il vero “io” non è una destinazione, ma un viaggio, un’entità che è in continuo divenire. La cosa più importante quindi non è averne assoluta certezza, ma averne una buona “bozza” in modo da iniziare il tuo percorso di personal branding nella direzione corretta.

2) Conosci il tuo pubblico?

Nel primo punto hai letto che ciò che unisce le persone sono soprattutto i “valori condivisi”, cioè conoscere il tuo pubblico significa sapere non solo gli argomenti che questo trova più interessanti in termini di problem-solving (sfera razionale), ma proprio i valori che il tuo pubblico apprezza proprio perché li condivide (sfera emozionale).

Ovviamente è importantissimo che tu conosca bene tutto ciò che rientra nella sfera razionale, specialmente in determinate nicchie di mercato. Ma se parliamo di valori è proprio perché sono questi che, oggi, fanno più la differenza, tant’è che contraddistinguono il posizionamento del tuo personal branding.

Ti faccio un esempio, sono certo che ti aiuterà a capire al volo cosa intendo.

Puoi essere un consulente immobiliare dalla parlantina sciolta e dal look impeccabile, ma se il tuo pubblico (apparentemente in target in quanto interessato ad esempio all’acquisto o alla vendita di una casa), non si lascia troppo influenzare per una questione di differenza culturale, sarà inutile o poco efficace farci una trattativa rispetto ad un pubblico più simile a te, ovvero più formale.

Pertanto se conosci bene il tuo pubblico, rispondi pure in modo affermativo, altrimenti riflettici su e poi prendi i necessari provvedimenti affinché il tuo pubblico di riferimento sia perfettamente in linea con te soprattutto dal punto di vista del valore.

3) Sei un esperto di nicchia?

Come ho già sottolineato nei primi due punti, sebbene costruire il tuo personal brand su “valori condivisi” sia fondamentale, che non passi l’idea che la sfera razionale non conti!

In realtà conta eccome, ed è altrettanto fondamentale. La verità (o meglio, l’ovvietà) è che non si può fingere di condividere valori comuni con un determinato pubblico senza venire, presto o tardi, scoperti!

Insomma, se sei davvero un esperto di un determinato campo, ed insieme a questo ci metti la tua competenza ed esperienza, le due cose si fondono insieme creando un piccolo “effetto wow” che tendenzialmente posiziona molto bene il tuo personal brand.

E se a questo ci aggiungi una verticalizzazione meglio ancora (con le dovute eccezioni: non sempre verticalizzare troppo è un vantaggio).

Insomma essere un esperto di una particolare nicchia contribuisce moltissimo a differenziarti nel mercato, facendoti riconoscere come l’unico esperto di quel campo, innescando nella mente del tuo pubblico l’associazione mentale argomento/persona che lo porta a contattarti ed acquistare da te. Ciò avviene anche a distanza di tempo, nel momento in cui nasce in loro un’esigenza o un bisogno (razionale o irrazionale).

Se sei un esperto di nicchia rispondi di sì, se non lo sei guarda il lato positivo: ora sai che devi allontanarti dalla tuttologia e focalizzarti.

4) Hai obiettivi chiari?

Viaggiare senza una destinazione è possibile oltre che piacevole se consideriamo il viaggio nella sua originale essenza.

Ma il business non è un viaggio di piacere, o per lo meno, non solo di piacere. Con questo voglio dire che se non hai una destinazione (obiettivo) faresti bene a non partire. Per destinazione intendo ovviamente un obiettivo chiaro, e cioè di marketing.

Un obiettivo di marketing per essere tale deve essere S.M.A.R.T. e cioè…

  • specifico
  • misurabile
  • raggiungibile
  • realistico
  • temporizzabile

Dunque, riesci a definire almeno un obiettivo di marketing? In realtà ne puoi definire molteplici, attenzione, ma per poter rispondere “sì” a questa domanda dovrai almeno aver fissato quello generale.

Ennesimo esempio: sei un ingegnere che svolge la libera professione ed in procinto di lanciare il tuo personal brand? Ecco, almeno dovresti fissarti un obiettivo del tipo…

Entro 12 mesi voglio ottenere almeno 6 clienti paganti che mi assicurino almeno 50 mila euro di fatturato.

Rispondi dunque “sì” se ti sei fissato qualcosa di simile (nota bene: non per forza legato al denaro, puoi farlo ad esempio in funzione delle richieste di preventivo o, nel contesto dei social media, al numero di follower attivi –  e sottolineo attivi – della tua pagina). Altrimenti rispondi “no”, ma prendi un foglio di carta, una penna e provvedi: se non lo fai rischi di non concretizzare (monetizzare) il tuo personal brand.

5) Hai pianificato i tuoi contenuti?

Iniziamo a parlare di strategia, quel “percorso immaginario” da trasformare in reale grazie proprio agli obiettivi di cui ti ho parlato prima. Una strategia di personal branding non può non fondarsi sul “content marketing”. Per gli amici “i contenuti”.

I contenuti sono lo strumento ideale per metterti in connessione con il tuo pubblico.

Cioè, tecnicamente, li crei tu, ma non appartengono solo a te perché li condividi con il tuo pubblico, affinandoli man mano che lo interroghi, per risultare sempre più calzante, risolutore, piacevole, empatico e di valore ai suoi occhi, orecchie, tatto e naso (e già, ci sono casi in cui anche l’olfatto fa la sua parte).

Cosa c’entra la pianificazione?

C’entra perché i contenuti (articoli, video, podcast, dirette, eventi online o offline, ecc…) che creerai o che magari stai già creando devono essere in quantità e qualità. No, non sto dicendo che ne dovrai sfornarne centinaia in un giorno (la quantità dipende da caso a caso) ma di sicuro ne dovrai sfornare un minimo e con una certa costanza, perché è proprio la costanza della tua comunicazione a portarti, in tempi solitamente non brevi ma neanche biblici, risultati.

La costanza del messaggio fa sì che questo si incunei nella mente del tuo target in modo potenzialmente indissolubile.

Quindi ti riformulo la domanda: hai creato un piano editoriale? Hai creato un format con giorni della settimana o del mese in cui creerai e pubblicherai i tuoi contenuti? Hai anche chiaro su quali media posterai? Sul tuo blog? Sui social?

Se è così bene, rispondi con un sicuro “sì”. Altrimenti afferra la tua agenda (cartacea o digitale fa poca differenza) e rimedia!

6) Hai creato i tuoi contenuti?

Un conto è pianificare, un altro conto è passare all’azione e creare.

In questo punto ti si chiede se hai messo già in pratica i consigli del punto 5. Hai iniziato a scrivere i tuoi articoli, a postare sui social, a registrare i tuoi video e podcast, a fare dirette su Facebook o webinar su piattaforme apposite? Hai fatto degli eventi in pubblico?

Se hai già un minimo di esperienza rispondi “sì” e prosegui il test. Se la risposta è “no” rifletterei sul caso di lanciarti, previa ovviamente analisi del tuo “tone of voice” e dei canali (di questo ne parlerò proprio nel prossimo punto).

7) Comunichi i tuoi valori?

Ricordi il discorso del valore così evidenziato nel punto 1 e 2 del test? Bene. Questo punto è veramente importante, anche se spesso è sottovalutato da molti creatori di contenuti.

Vedi, creare contenuti non è poi così difficile.

Se ci pensi tutti ne creiamo, ogni giorno, spesso inconsapevolmente. Anche quando parliamo normalmente ne creiamo (facciamo quotidianamente public speaking).

La vera sfida è semmai creare dei “buoni contenuti”. Contenuti che, come tutti gli addetti della comunicazione, definisco anch’io “contenuti di valore”.

Ci sono tante definizioni di “contenuti di valore”. Normalmente questi devono rispondere positivamente a determinati requisiti, ad esempio fornire soluzioni utili e pratiche a determinati problemi o bisogni espressi dalla propria nicchia di pubblico.

Oltre a questo aggiungerei che un contenuto è di valore se riesce anche, e soprattutto, a comunicare i tuoi valori! Sembra un gioco di parole, ma è proprio così…

Un contenuto di valore è di valore se esprime i tuoi valori!

Come si esprimono i tuoi valori?

Ci sono diversi “metodi”. Uno di questi è sicuramente lo “storytelling”, quella cosa che, similarmente al contenuto di valore, ha parecchie definizioni ma che io chiamerei “l’arte di raccontarsi in modo autentico”. E poi il tono di voce già accennato nel punto 6: nulla a che fare con la fonia, ma sostanzialmente lo stile narrativo con cui comunichi.

Pertanto la domanda del punto 7 è traducibile così: nella produzione dei tuoi contenuti, comunichi con storie interessanti ed in modo autentico? Ed inoltre traspare in modo genuino la tua unicità?

Se fingi, recitando la parte di un “personaggio” (attenzione, chi dice che fare personal branding equivale a creare un personaggio è un “talent scout” del mondo dello spettacolo ma non di certo un personal brander!) rispondi “no”. Altrimenti aggiungi pure un punto al tuo test!

8) Curi la tua community?

Fino a qualche anno fa, quando il web era ancora una novità, una community era un optional della comunicazione.

Oggi grazie ai social è il centro stesso della comunicazione e, quindi, anche del personal branding, al punto quasi da coincidere con essa.

Ma community e brand sono comunque cose diverse. La prima, a differenza del brand, è un’area franca, un “territorio comune” dove condividere insieme quel valore e quei valori di cui ti ho tanto parlato in questo test. E come tale, non avendo un marcata connotazione gerarchia come può averla invece l’azienda, favorisce un sano e piuttosto libero scambio di idee.

Insomma, i vantaggi di gestire e mantenere viva una community online, tipicamente il classico gruppo su Facebook ma non solo, sono molteplici e cruciali: i brand (personali e non) oggi non possono fare assolutamente a meno di una community.

Quindi te lo chiedo: hai una community e con essa mantieni un vivo e costante dialogo?

Se non ce l’hai non preoccuparti… se i tuoi contenuti sono validi (come da punto 6 e 7) non dovrai far altro che condividerli al pubblico giusto nel luogo giusto spronandolo a commentare (e perché no, criticare) in modo libero.

Ovviamente dovrai metterti in modalità di umile ascolto, ed anche tu presto o tardi potrai dire di curare una community.

9) Curi la tua immagine anche offline?

Il personal branding NON riguarda solo l’online, ma anche offline, d’altronde esiste da ben prima dell’avvento di internet.

Mettiamo il caso, quindi, che tu sia un blogger eccezionale, con una fantastica ed affiatatissima community che fruisce dei tuoi articoli dandoti continui spunti per migliorarli.

Mettiamo anche che tu dica determinate cose e che le dica in un determinato modo.

Se fuori dal tuo ufficio/luogo di lavoro comunichi in modo del tutto diverso, o comunque non coerente con quella che è la tua comunicazione online, rischi di mandare all’aria tutto.

Dunque pur evitando di esagerare nell’estetica (occhio a non apparire “artificiale”, anche se l’uso di un colore o di un dettaglio nell’abbigliamento, nei limiti del buon senso, è accettabile e talvolta aiuta il tuo posizionamento), il mio consiglio è di curare la tua immagine (in tutti i sensi) anche offline, allineandola a quella online.

Comunicare in modo coerente significa anche che se ad esempio nei tuoi contenuti online dici che bisogna rispettare la “netiquette” e poi nella vita reale (quindi anche quella privata, non solo per intenderci in ambito professionale) sbraiti e mandi a quale Paese chiunque, capisci che non stai facendo un buon personal branding.

10) Monitori le performance?

Controllare le tue performance può sembrare secondario, ed in effetti all’inizio di un percorso di personal branding è così e ci sta non occuparsene più di tanto.

Ma ti toccherà prima o poi occupartene, e non per ottenere “di più” ma per sopravvivere!

Il personal branding etico avrà anche dei connotati romantici apparentemente poco o nulla materialistici, ma non è proprio così. Il branding è pur sempre una branca del marketing ed una strategia per fare business (tradotto: per fare soldi).

Il punto da comprendere è che nel business non puoi prenderti il lusso di non crescere: se non ci provi neanche rischi di affossarti in un lento ed inesorabile declino.

Monitorare le performance significa quindi controllare costantemente i già ricordati KPI, Key Performance Indicator, che nel personal branding possono essere quelli specifici per determinati obiettivi (come da punto 4). Ad esempio il numero di contatti interessati, oppure le iscrizioni ad una newsletter, il posizionamento nelle SERP del tuo blog, ecc…

Monitorare ovviamente non è un’attività fine a se stessa, ma che è orientata alla correzione della rotta generale del tuo personal brand. Ogni informazione che raccogli, a partire dagli stessi feedback ricevuti dai tuoi clienti, deve essere compresa nell’ottica della valutazione delle attività giuste e sbagliate.

Una serie di feedback positivi su un determinato prodotto o servizio, ad esempio, ti darà conferma che è gradito, e che probabilmente non dovrai correggere nulla.

Al contrario feedback mediocri o negativi ti diranno che devi effettuare delle correzioni mirate.

Quella delle performance è quindi, senza dubbio, l’attività di personal branding (e più in generale di marketing) più tecnica e quindi più complessa, ma dovuta.

Se la stai facendo rispondi con un bel “sì” incassando anche i miei complimenti (perché non è da tutti!), altrimenti prendila in seria considerazione: migliorare le performance può decisamente fare la differenza tra un personal brand mediocre e destinato a morire ed un personal brand in grado davvero di scalare e portare valore tangibile ai tuoi clienti e a te stesso!

 

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Conclusioni

A prescindere da quanto hai totalizzato spero farai tesoro di questo test usandolo magari come mini-guida al corretto ed efficace personal branding.

Se anche tu come me sei affascinato dalle enormi potenzialità del personal branding e ne comprendi l’importanza e l’efficacia per emergere e valorizzarti nell’odierna economia, non farti alcun problema e chiedimi pure da questa pagina una consulenza. Se ne hai i requisiti ti offro la prima consulenza in modo del tutto gratuito!

 

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Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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