(Tempo di lettura 2 minuti)
Una regola aurea del content marketing dice che bisognerebbe sempre creare e pubblicare contenuti graditi al proprio target, ossia che possano dare una risposta ai bisogni e problemi delle persone a cui ci si rivolge.
Questa regola, che è davvero fondamentale perché non seguita può vanificare tutta l’attività di marketing e comunicazione di qualsiasi brand, richiede che prima ancora di produrre i contenuti debba essere fatto uno studio del pubblico, tipicamente definendo le buyer persona, ovvero “modelli di potenziali clienti”.
Uno studio che non dovrebbe considerare solo le caratteristiche demografiche o gli interessi del pubblico, ma anche aspetti della personalità, gli stili di vita ed addirittura i valori di queste persone. Già, perché oggi una campagna di content marketing, con un pubblico sempre più sensibile alla parte umana dei brand, è davvero efficace se sa rispondere non solo ai bisogni razionali ma anche quelli emotivi inconsapevoli.
Detto ciò secondo me esiste una scorciatoia, da maneggiare comunque con estrema cura in quanto non sostituisce del tutto lo studio di analisi del pubblico, che prende a modello un principio abbasta noto e condiviso: le persone tendono ad aggregarsi, generando fiducia, quando sono simili, ovvero quando hanno interessi ma soprattutto valori ed obiettivi sociali simili.
Si tratta di una considerazione valida per come funziona la società umana che tende effettivamente a confluire in tribù proprio su questo modello.
Se uniamo quindi questa semplice considerazione al content marketing, a mio avviso si può affermare che un modo, approssimativo ma comunque valido per creare contenuti efficaci, sia proprio quello di verificare sempre, prima di pubblicarli, che siano di proprio gradimento.
Sembra una banalità, ma non è così: ti sei mai chiesto o chiesta se fruiresti del tuo stesso contenuto? Se, trovandolo sui social lo apriresti e consumeresti?
Ti sei chiesto se le emozioni che provi mentre ti leggi o vedi sono le stesse che vorresti che chi ti segue provi?
Per rispondere a queste domande è richiesto un certo sforzo mentale, quasi occorre estraniarsi provando a pensare al contenuto prodotto come NON proprio.
Non facile, ma è uno sforzo secondo me dovuto.
Che ne pensi?
Come spesso accade su questo blog mi piacerebbe molto confrontarmi con te.