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Se mi segui da un po’ avrai notato che mesi fa ho scritto e pubblicato il mio primo libro, un manuale di web marketing con focus speciale su personal branding e social media marketing dal titolo “Personal Branding sui Social” (lo trovi su Amazon a questo link). E forse avrai notato anche che non l’ho “pubblicizzato” più di tanto, limitandomi a creare una pagina apposita sul blog (questa qui) e poco altro, evitando soprattutto di realizzare e postare contenuti specifici “di lancio”.

Certo, in questi mesi non sono stato del tutto immobile: ho partecipato come invitato a qualche diretta streaming in cui alla fine ne ho parlato, ne ho parlato a molti miei clienti e collaboratori ed ho tenuto anche speech in presenza nella mia zona in cui con la scusa di fare un po’ di sana e gratuita divulgazione alla fine ne ho fatto anche una “call to action” per venderne qualche copia (tra l’altro con successo), ma sempre senza fare vera promozione al libro, semplicemente limitandomi a continuare a fare soltanto “personal branding di me stesso”.

Forse mi chiederai perché l’ho fatto. Forse mi chiederai come mai non ho “pompato” una cosa così bella e particolare come la scrittura di un libro (che in effetti richiede tanto tempo e lavoro, e non è mai un’attività banale). Roba che c’è gente che avrebbe fatto conferenze stampa e scomodando sindaci ed assessori (pensa che dove vivo c’è chi è solito lanciare – in nome di un ego smisuratissimo – libri orribili e sgrammaticati con eventi in pompa magna che manco Eco o Moravia!).

Ti rispondo subito. L’ho fatto fondamentalmente per due motivi:

1) Non sono particolarmente orgoglioso di questo libro

Intendiamoci, non è una brutta opera, anzi sono sinceramente convinto che, tenuto conto il pubblico a cui si rivolge (e cioè ai neofiti, il mio target), sia un più che discreto manuale tecnico e strategico con degli spunti, soprattutto sul finale, credo interessanti.

Tuttavia penso che probabilmente per la “sindrome dell’impostore” (sì, anch’io ne sono un po’ affetto) lo ritenga non all’altezza di letture di colleghi con più esperienza di me. Sia chiaro: ho ricevuto diversi feedback positivi, ma sono convinto che il libro di cui essere orgoglioso non sia questo ma magari (spero!) uno dei prossimi. Insomma, scrivere e pubblicare un libro è sempre un bel traguardo, ma si è trattato, dopo qualche esperienza come co-autore, più che altro di un discreto modo per entrare, decisamente in punta di piedi, nel “favoloso mondo degli autori di libri di marketing”.

2) È stata anche una scelta strategica con una logica ben precisa

Qui però, dando sfogo al marketer che è in me, ti dico anche che la promozione di un libro dovrebbe riguardare più la promozione del personal brand piuttosto che del libro in sé: in pratica spingere la vendita di un libro può rivelarsi un boomerang se il personal brand del suo autore non ha già un minimo di riconoscibilità e di consenso.

So bene, perché me lo hanno detto i miei strumenti di analisi, di non essere affatto uno sconosciuto, anzi devo dire che in questi anni la mia popolarità a livello nazionale come “consulente e formatore di personal branding” è aumentata ed anche la mia reputazione ne ha tratto beneficio, tuttavia per i motivi esposti ho preferito puntare più alla promozione della mia marca personale. E così ho parlato del mio libro solo saltuariamente, adottando una grafica per i miei social post che facesse trapelare quella “novità” in modo soft, senza spingere più di tanto ma senza neanche nascondere il fatto di aver scritto e pubblicato un manuale su temi professionali che mi stanno molto a cuore.

Devo dire che questa strategia, a distanza di ormai più di 6 mesi, ha funzionato. Ovviamente non ho fatto chissà quali vendite, ho venduto solo qualche decina di copie, tuttavia alcuni lettori sono diventati contatti e clienti, che poi era questo il mio vero obiettivo. Era questo il motivo di marketing per cui l’ho scritto e messo su Amazon!

Il “nasce prima l’uovo o la gallina?” 2.0

Ovviamente ti ho voluto parlare del mio libro anche per promuoverlo in modo soft (questo stesso articolo è un’applicazione della strategia che ho spiegato nel punto 2), ma non solo.

In realtà con questo articolo voglio parlarti in modo semplice e con un esempio anche del rapporto tra contenuti e creatore di contenuti.

La domanda che forse anche tu come me ti starai facendo è:

Cosa nasce prima, il contenuto o il creatore del contenuto? Ovvero, cos’è più importante, il contenuto o il creator?

Un po’ come la famosa questione uovo-gallina, anche questa domanda non è banale anche se stavolta una risposta ce l’ha: proprio come scritto nel punto 2, almeno quando parliamo di scrittura e pubblicazione di libri, prima nasce il creator e solo dopo i contenuti. Cioè è più importante il creator (e la sua community) che i contenuti e per essere ancora più chiaro un libro merita una “vera promozione” solo se il suo autore ha già un bel giro di contatti e follower che lo comprerebbero.

Perciò se stai pensando di scrivere e lanciare un libro nell’ottica di fare personal branding mi permetto di darti un consiglio:

Lascia perdere i funnel e roba del genere, quelli a mio parere sono poco utili, e se proprio lo sono, solo nell’ottica dell’aumento delle vendite e di ottimizzazione dei processi, non certo in ottica “credibilità come autore”. Ricorda cha la credibilità come autore la ottieni lavorando soprattutto sul brand personale.

Tuttavia se parliamo di contenuti in senso più ampio non è così e la domanda “nasce prima il contenuto o il creator” potrebbe non trovare un’unica risposta.

Infatti mettiamo il caso di trovarci nei panni di chi deve ancora lanciare il proprio personal brand, quindi di chi non si è ancora dato da fare davvero nel creare e pubblicare i propri contenuti (ad esempio sui social o su un blog come quello che stai leggendo).

In questo caso sarebbero questi ultimi a nascere prima, nel senso che sono i più importanti. Sono infatti i contenuti a “forgiare” il brand, a dar vita nelle menti dei fruitori dei contenuti l’idea/percezione del loro autore.

Però allo stesso tempo anche l’autore, in quanto persona, viene prima dei contenuti perché i contenuti, secondo il classico principio di causa-effetto, non esisterebbero senza.

Non solo: prendiamo il caso di un personal brand forte, che sforna contenuti di qualità per una community ben fidelizzata.

In questo caso il like, la condivisione ed il commento sui social di questi contenuti spesso viene dato senza realmente fruirne (di questo comportamento molto “umano” ne ho parlato di recente anche qui).

Perché? Perché la reputazione del creator è tale da mettere i contenuti in secondo piano.

Bizzarro, lo so, ma scommetto che anche a te sarà capitato di esserti congratulato pubblicamente per un bel post solo perché a produrlo è stato un creator autorevole (in tal caso spesso il consenso è conseguenza della “riprova sociale”, un bias su cui si fonda una delle leve di persuasione di Cialdini tra le più potenti in ambito social, che porta ad esempio a mettere il like perché un post ha già un sacco di like).

Per fare un paragone è un po’ come per le barzellette. Spesso se chi racconta barzellette ha la fama di essere un burlone è molto probabile che si riderà anche alle sue battute più penose.

Che poi, non so se l’hai notato, ma quando parliamo di rapporto tra creator e contenuti parliamo in fondo di rapporto tra brand e prodotti. Ed infatti non è raro comprare prodotti non proprio d’alta qualità per la marca, per il brand. Certo, non è una cosa di cui si può vivere di rendita, eh! Un brand davvero efficace deve curare la qualità dei prodotti altrimenti prima o poi… caput! La chiamano “coerenza” tra ciò che si dice e ciò che si fa, d’altronde! Ma il paragone ci stava secondo me.

Concludendo…

Insomma è un bel dilemma che però è utile, secondo me, attenzionare per comprendere meglio il rapporto tra creator e contenuti.

Contenuti, tra l’altro, che non solo servono in ottica “brand positioning” per creare quell’idea specifica di posizionamento utile al business del professionista, dell’imprenditore o del lavoratore autonomo, ma che hanno anche un’utilità sociale data dal loro potere di influenzare i fruitori in modo che essi stessi si trasformino a loro volta in creator.

Tutto ciò alimentando un processo divulgativo virtuoso e di massa che non ha mai fine e che risponde, e qui mi si illuminano gli occhi, al nome di “condivisione della conoscenza”.

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E tu che ne pensi? Secondo te nascono prima i contenuti o i content creator?

Mi piacerebbe tanto confrontarmi con te su questo argomento!


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
Che ne pensi del mio articolo? La tua comunicazione aziendale o personale ha bisogno di una mano? CONTATTAMI ORA! :)