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Inizieremo ad implementare Meta Verified, un abbonamento che con un documento d’identità verifica il tuo account per ottenere un badge blu, una protezione aggiuntiva contro gli account clonati e l’assistenza clienti premium. Questa funzionalità riguarda l’aumento dell’autenticità e della sicurezza dei nostri servizi e costerà dai $11,99 ai $14,99 al mese iniziando da Australia e Nuova Zelanda.

Con queste parole Mark Zuckerberg, founder di Meta e papà di Facebook, domenica 19 febbraio 2023 ha definitivamente infranto la promessa “Facebook è gratis e lo sarà sempre” che ha capeggiato per molti anni sulla home del colosso social.

A differenza di chi in queste ore si sta schierando pro o contro questa iniziativa io non mi schiererò.

Anche perché in Meta Verified, nonostante sia decisamente criticabile, probabilmente sussistono anche lati positivi (ad esempio in merito all’assistenza clienti aggiuntiva pagare non dovrebbe essere un problema per i professionisti dei social, soprattutto quelli soliti lamentarsi di non essere pagati, o non a sufficienza, dai loro clienti).

Con questo “memino in trend” (qui sopra la versione Instagram, concedetemelo ogni tanto!) voglio invece soffermarmi sulla reputazione di Meta e, visto che ne è diretta conseguenza, anche sul personal branding e reputazione personale di Zuckerberg. Che credo, a prescindere dalla bontà o meno di Meta Verified, sembra aver palesemente scopiazzato da Elon Musk (il CEO di Twitter ha avviato una politica simile con “spunta” a pagamento).

E se sommiamo questa probabile “defaillance” ai tanti altri imbarazzi come la questione privacy e quella per il Metaverso (su cui sta investendo miliardi, eppure a detta di molti esperti non sembra qualcosa di davvero realizzabile, facendo percepire la promessa come fuffa) il capo di Meta sembra ormai agli occhi del mondo come un non-leader, un uomo smarrito che sembra cercare solo di tirare avanti senza una strategia chiara e forte che ci si aspetterebbe da gente con una posizione tale.

Insomma, un po’ come il personaggio di Albanese “Cetto La Qualunque” photoshoppato con la faccia di Zuck nel mio meme, sembra che la strategia di Mark Zuckerberg si fondi ormai solo su un ammasso di proclami e promesse.

Nel suo caso sembrerebbe in sola funzione del mercato azionario nell’ottica di rassicurare gli investitori e di non far scendere ulteriormente il valore delle azioni.

Un leader nasce dal perché

Ma la storia che dovrebbe mettere in guardia Meta e tutto il suo entourage, come racconta Simon Sinek nel suo ultimo libro “il gioco infinito” (che ti consiglio, lo puoi acquistare su Amazon qui), è piena di colossi falliti per aver smarrito la visione iniziale cercando solo di “fare numeri” senza preoccuparsi dei “cangianti” bisogni della gente.

In effetti un vero leader dovrebbe parlare col cuore al cuore delle persone.

  • Dovrebbe essere in grado di innescare emozioni e, nel tempo, sentimenti positivi.
  • Dovrebbe essere in grado plasmare e controllare la sua reputazione.
  • Dovrebbe essere in grado di lavorare per le generazioni future, non in funzione dei risultati trimestrali.

Certo, i conti sono importanti e nessuno lo nega (lo sottolineo perché non è raro che si confonda il messaggio di Sinek “parti dal perché” con un “comunica solo il perché” che sarebbe sbagliatissimo).

Ma un capo azienda che, come suggerisce Sinek, “dimostra di avere una mentalità finita” vedendo solo i numeri si comporta in modo folle e stupido.

Perché soprattutto, così facendo, distrugge la reputazione di un corporate brand partendo da quella personale del suo “boss”.

Folle anche che a questi livelli (ma attenzione perché questo fraintendimento è frequentissimo anche per noi comuni mortali) non ci si renda conto che scopiazzando, o “facendosi percepire” come chi sta scopiazzando, non si fa che uccidere il sogno, e quindi “il perché”, per il quale un brand, in questo caso un social come Facebook nell’ormai lontano 2004, è stato creato.

Nel libro di Sinek si parla, ad esempio, del caso Kodak: un’azienda che aveva avuto, grazie alla visione del suo fondatore, la scaltrezza di creare il mercato della fotografia amatoriale. Che però sul finire dello scorso secolo, venendo guidata da logiche imprenditoriali finite (e non infinite) non ha saputo utilizzare la posizione di dominio per imporsi nel mercato della fotografia digitale, presto dominata (ed è storia attuale) dai dispositivi mobili come tablet e smartphone.

Al di là del fotomontaggio divertente, che ne pensi di Mark Zuckerber e più in generale di quegli imprenditori che sembrano aver smarrito la bussola per i motivi citati nel mio articolo?

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(foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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