(Tempo di lettura 4 minuti)

Giorni fa sono stato invitato dal copywriter Antonio Luciano a lasciare il mio parere sul suo blog sul tema della formazione professionale (sulla cui importanza ultimamente ho scritto anche questo articolo).

A maggior ragione che sono un formatore sono molto sensibile a questa attività che reputo cruciale per qualsiasi professionista (anzi, che dico… qualsiasi lavoratore!). Infatti non potevo dirgli di no.

Ebbene, oggi è uscito il suo lungo articolo!

Ho pensato comunque, visto l’argomento, di approfondire l’argomento qui. In buona sostanza se continuerai a leggere il mio articolo troverai una copia (ma rivisitata ché Google se no ci penalizza) dell’intervista con Antonio.

Se invece vuoi avere un “quadro generale” ti consiglio di leggere la versione estesa con l’opinione sul tema della formazione anche di altri 18 professionisti del digital.

Se leggi entrambi gli articoli, comunque, non sbagli di sicuro, eh! Ma ecco le tre domande secche che mi ha fatto Antonio e le mie risposte. Buona lettura!

Quanto tempo dedico alla formazione?

In media un’ora al giorno.

Lo faccio soprattutto leggendo saggi e manuali sugli argomenti che mi riguardano direttamente come branding, personal branding, marketing e comunicazione.

A queste letture aggiungo anche temi di cui mi occupo indirettamente come psicologia, sociologia, neuroscienze e tecnologia.

Ho in programma di raddoppiare il tempo dedicato alla lettura prossimamente.

Seguo anche corsi specifici e online ma la maggior parte della mia formazione è autodidattica.

Per uno specialista del digital quando si ragiona in termini di employability?

Meglio una formazione verticale, T-Shaped o Full Stack Marketer?

A principio ho acquisito un background tecnico e scientifico (da quando ho iniziato nel 1997 per anni ho lavorato principalmente come web developer e web designer), successivamente negli ultimi 10/15 anni a questo tipo di preparazione ne ho affiancato una di tipo strategica ed umanistica.

Infatti oggi mi reputo un V-shaped (argomento a cui ho dedicato questo post non molto tempo fa dal titolo “che forma ha il tuo personal branding?”) che non è un Visitor della serie cult anni 90 che ingurgitava topi di fogna ma un tizio dalla preparazione trasversale ma allo stesso tempo con un indirizzo specifico ben preciso (che nel mio caso è quello del purpose branding strategico) annaffiando il tutto da tanta empatia.

Dicono anche simpatia, ed è vero, ma solo con chi dico io, eh!

Personalmente, in base al riscontro positivo che ho avuto in ambito lavorativo a seguito della mia formazione ed esperienza professionale, oggi tendo a pensare che uno specialista che operi nel digitale debba cercare di formarsi in modalità T-shaped, ovvero verticalizzandosi su un determinato argomento ma allo stesso tempo mantenendo una cultura digitale (e non solo) il più possibile ampia, meglio ancora come V-shaped.

D’altronde è risaputo quanto il mondo del lavoro tenda sempre più ad apprezzare figure dalle forti hard-skill, parlando potabile quelle che consentono di dedicarsi a specifici compiti in modo “performante”, ma anche dalle soft-skill rilevanti tra cui: capacità di adattamento e di comunicazione, capacità di fare squadra, di adeguarsi e rispettare in modo più naturale i valori del brand, dando un forte contributo alla crescita aziendale.

E capacità di sorridere alle avversità smettendola con la “lamentite”, aggiungo io.

Che suggerisci a chi è agli inizi affinché la formazione risulti efficace?

Come detto suggerisco di verticalizzarsi ma anche di non trascurare l’obiettivo di curare una solida cultura generale che fornisca una visione d’insieme: la base per “diventare grandi” (leggasi: costruire una “maturità umana e professionale”).

Soprattutto consiglio di comprendere l’importanza di “scoprire il prima possibile il proprio perché” ovvero di riconoscere in modo consapevole i propri “valori salienti” e di maturare una missione e visione personale non cadendo nel tranello diffuso tra i “fissati coi numeri” (che sono importanti, eh, ma non bastano!) di credere che questi argomenti poiché “intangibili” siano poco utili.

Personalmente ho fatto mio (e di conseguenza consiglio) la non sempre purtroppo ben compresa “teoria di Simon Sinek del cerchio d’oro” in cui “il perché” viene messo in relazione con “il come” ed “il cosa”.

Se non hai idea di questo argomento, ma mi suonerebbe strano, ti consiglio di leggere il suo best seller, “Partire dal perché. Come tutti i grandi leader sanno ispirare collaboratori e clienti”.

Lo faccio ricordando che ciò che conta davvero non è “cosa fare nella vita” ossia di quale “titulo” (a dirla alla Mourinho) vorremmo essere “insigniti” (spesso – diGiamolo! – “per fare bella figura con gli altri” ma poi?) ma la motivazione profonda che ci spinge a fare ciò che faremo.

Ciò che conta veramente a mio parere è la strada piuttosto che il traguardo.

D’altronde esattamente come i clienti acquistano prodotti e servizi spinti soprattutto dal “perché” (o brand purpose) anche recruiter e datori di lavoro tendono oggi sempre più ad assumere professionisti con un perché chiaro che traspaia da una comunicazione altrettanto chiara (da cui l’importanza per qualsiasi candidato di fare personal branding e farlo bene).

E così tendono sempre di più a coinvolgere nelle loro organizzazioni personale già motivato, già pronto e predisposto ad interpretare una cultura aziendale a cui si è già aderenti (tipicamente in quanto già potenziali consumatori fidelizzati o persino brand ambassador), e così favorendo un circolo virtuoso che li porti a lavorare meglio, con maggiore efficacia ed efficienza (ed anche felicità).

Personalmente auspico che seguano questa strada per il loro benessere psicofisico ed economico e, indirettamente, per quello dell’azienda stessa che li assume o coinvolge nei loro progetti.

Momento Mastrota: per chi desidera mi occupo di lanciare brand proprio “dal perché” e, cosa speciale che non fa nessun altro brand builder, aiuto anche a trovarlo.

Certamente non tutte le aziende si stanno ancora muovendo in tal senso ma le più lungimiranti e visionarie sì. E a mio parere per i candidati altrettanto lungimiranti e visionari muoversi in questa direzione anche in ambito formativo è la scelta strategica migliore che si possa fare.

Che ne pensi?

Sei un giovane o conosci un giovane che ha finito l’Università o un percorso scolastico e desidera entrare nel mondo del lavoro (e nel frattempo continuare a formarsi) nel modo migliore?

La mia attività di consulenza e formazione in ambito personal branding può fare al caso tuo o suo. Come ho spiegato ad Antonio e riportato anche qui posso aiutare a trovare la strada migliore incanalando gli sforzi nella giusta direzione.

Se vuoi, anche senza impegno, parliamone.

Ti basta una mail da questa pagina per fissare una breve call conoscitiva e gratuita che ti aiuterà a capire se posso essere utile a te o a chi ti sta a cuore.

(foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
Che ne pensi del mio articolo? La tua comunicazione aziendale o personale ha bisogno di una mano? CONTATTAMI ORA! :)